A volte, senza chissà quale partecipata volontà, passo del tempo a rovistare in vecchie scatole di cartone che mi porto dietro dalla fine degli anni novanta. In una di queste ho ritrovato un cd del 1994 del quale mi ero completamente dimenticato. In copertina un fotogramma rubato dal Tetsuo di Tsukamoto. Loro erano i Rifiuti Solidi Urbani. Preso da curiosità mi sono domandato "ma chissà che cazzo di fine hanno fatto questi? Hanno dato vita a qualche altro progetto? Hanno messo su famiglia?" Insomma, non ho trovato risposte ma in compenso ho trovato il video di un loro concerto, di quando ancora non avevano stampato il loro RSU del 1994.
Pierpaolo Capovilla e i cattivi maestri. Morte ai poveri.
https://invidious.fdn.fr/watch?v=qbwz25detew
La casermetta era dotata di tutto. Tutto ciò che non sarebbe mai servito a niente e nessuno: creste commemorative, oblò dismessi, bitte divelte, boe forate e cenci. Soprattutto cenci. Ma nessun segno di colla.
Così, preso dall’estro di quell’artista nullafacente e blasfemo che da sempre dorme in me, mi adoperai, con mela e coltellaccio, per ricreare una testa al decollato.
Contemplai quella testa per giorni e giorni, sempre più inquietante man mano l’avvicinarsi del natale; iniziò a marcire, annerire, decomporsi. Anche la putrefazione ha un suo fascino. Francesco decise di disegnare delle lacrime di sangue sul volto del mammolo. Le braccia, invece, non le trovammo, ma ridemmo nel pensarlo crocefisso l’anno successivo, poco prima di pasqua, dai coglioni.
Anno 2001.
Fano.
Capitaneria di porto.
Venni incaricato dal nostromo di allestire il presepe della "casermetta". La casermetta era l'alloggio-dormitorio in cui venivamo stipati come brandelli di stoffa vecchia da usare per minuzie e bagattelle di nessuna utilità. Si stava come dei cenci insomma.
Io e Francesco recuperiamo uno scatolone con su scritto – da mano tremante e in un rosso sbiadito da immemori sospiri di noia di chissà quanti altri militari – “PRESEPRIO!”. E vabbe’.
Apriamo la scatola e subito ci salta all'occhio un paffuto e ceramico bimbo-cristo. Iniziamo a farlo giocare. Lo lanciamo in alto e lo riprendiamo al volo in attesa di un suo segnale, foss'anche un tenue risolino infante. Esistenza vuole che io abbia le mani di burro e una presa poco affidabile: il cristo cade, gli vola la testa e le braccia si spezzano.
Dei vostri selfie ne resterà solo uno. Sul marmo.