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| Dopo la decisione di Evo Morales di candidare il binomio Arce-Choquehuanca scavalcando la decisione della base che aveva optato per il binomio “indigeno” Choquehuanca-Andrónico, si sollevano le organizzazioni indigene e sociali che fanno parte del Pacto de Unidad e convocano per il 23 gennaio un “ampliado de emergencia” per discutere i prossimi passi.

Le divisioni all’interno del MAS potrebbero sorprendere più di qualcuno, soprattutto chi in questi mesi ha sempre osservato la crisi boliviana in modo polarizzato. Io l’ho detto e rivendicato sempre che non era così e questa notizia ne è la conferma

«Se questa corrente è venuta fuori solo ora è perché esisteva una cupola che generava tanta paura sia fuori sia dentro che impediva che questa corrente si esprimesse democraticamente all’interno dello stesso MAS».

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Sono le parole di Marco Antonio Gandarillas Gonzales, difensore dei diritti umani e ricercatore del CEDIB che ho intervistato recentemente e che mette in luce la vera natura del MAS, dove è sempre esistita un’ala radicale che fa capo agli esiliati, che prendeva tutte le decisioni e attuava in maniera autoritaria sia all’interno del MAS, sia all’esterno.

Forse, alla luce di questo fatto ineluttabile, sarà più facile comprendere molti compas boliviani parlano di fraude e perché ho insistito molto nell’affermare che ciò che ha portato alla rinuncia di Evo è stata anche una rivolta popolare che ha portato poi al golpe della destra razzista.

L’intervista, che racconta una storia forse più scomoda ma certamente più reale, la trovate qui: globalproject.info/it/mondi/bo

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