Passare il microfono agli altri - Claudia Durastanti
"..La difesa della democrazia e la difesa del potere acquisito vanno di pari passo, in questa storia, e chi si immola sull’altare della prima senza riconoscere quanto peso abbia la seconda, pecca non tanto di malafede quanto di ignoranza. Non esiste la libertà di espressione pura, libera dal condizionamento e dalle strutture in cui opera: condizioni storiche, simboliche ma anche tecniche"
"La festa è piena di nuovi invitati. Le sedie iniziano a scarseggiare, qualcuno è costretto a restare in piedi, e se i nuovi arrivati sono più divertenti, entusiasti e destinati ad attirare l’attenzione, forse più che di censura si deve parlare di questo: dell’aggressività gioiosa del nuovo arrivato rispetto all’imbarazzo di chi a quella festa c’è sempre andato. Temere le tendenze radicali ed estremiste di un fenomeno come la cancel culture significa non prenderla sul serio, alterandone continuamente le proporzioni"
"A Margaret Atwood non si chiede una coerenza implacabile. Forse le si chiede una diversa capacità di ascoltare. Il decentramento di sé – quella pratica per cui invece di fare sempre mea culpa del proprio privilegio si sta in silenzio e a osservare, lasciando che a condurre la conversazione siano gli altri – viene ancora percepito come una sconfitta, come una perdita e una rinuncia, un darla vinta ai censori"
un bellissimo articolo che va oltre il dibattito riguardo alla "cancel culture" e tenta di allargare l'inquadratura.
A proposito di "cancel culture" e lettera apparsa su Harper's magazine invece:
- https://www.valigiablu.it/lettera-150-intellettuali-cancel-culture/
- breve ma ben fatto articolo sull'ultimo Internazionale cartaceo
"Nelle discussioni emerse intorno alla lettera su Harper’s, sarebbe stato apprezzabile dare maggiore risalto al concetto del permesso, e della fragilità. Una parola o due sulla transitorietà della propria presenza, sul declino della propria popolarità. Più che del diritto di non sparire, sarebbe stato bello parlare del disorientamento che deriva dal non sapere se si è ancora benvenuti a restare. Ma non essere invitati alla festa non è la stessa cosa dei rastrellamenti degli squadristi o delle porte sfondate nel cuore della notte"