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San Berillo: il turismo, la civiltà del manganello e la puttanofobia applicata. - 1 Parte

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Tra articoli del mainstream (come livesicilia) e comunicati vari (NUDM Catania e Officina Rebelde), si apprende che il 18 Marzo, la polizia abbia manganellato diverse sex workers a seguito di un controllo nel quartiere di San Berillo.
La suddetta zona è rinomata per essere un quartiere "a luci rosse", un "porto franco" secondo i professionisti e cultori della sicurezza dove si svolge la mansione più antica del mondo.
Il quartiere è un ritrovo e posto dove tutta una serie di soggettività (donne, uomini e persone trans) lavorano a livello sessuale in modo più o meno indipendente.
Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento considerevole delle forze di polizia all'interno del quartiere.

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Per capire determinati passaggi repressivi odierni, dobbiamo avviare un discorso non soltanto di sintesi storica ma anche di giochi economici in corso d'opera.
Il quartiere di San Berillo si trova al centro di Catania, una città che è un piccolo centro e ponte di interessi finanziari della borghesia locale, maltese, inglese, vaticana e, da un paio di anni a questa parte, cinese e araba.
I clan mafiosi catanesi, in tutto questo, riescono a ritagliarsi una bella fetta di introiti economici tra racket, droga e riciclaggio (con il beneplacito delle strutture burocratiche e repressive locali).

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Dopo i boom dell'edilizia, dei call center e dei centri commerciali, la borghesia locale e straniera ha ripiegato su due mercati saturi e, apparentemente, in perdita ma che in qualche modo potevano unirsi se messi in determinati luoghi della città: il turismo e l'agroalimentare.
Se la parte costiera (che va dalla Plaja (zona sud della città, direzione Siracusa) fino ad Aci Castello (zona nord, direzione Messina)) era (e lo è tuttora) completamente turistificata fin dagli anni '80, nel centro cittadino si era avviato il processo di turistificazione tra la prima e la seconda metà degli anni '90 con il beneplacito del duo Bianco e Musumeci (all'epoca rispettivamente sindaco e presidente della provincia).

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La famosa "primavera di Catania" tanto osannata da questo duo, era una facciata per far ritornare tutta una serie di investimenti stranieri e, allo stesso tempo, rimettere in pista una borghesia locale in crisi - specie se una parte di essa era sotto inchiesta giudiziaria per gli accordi fatti con i clan mafiosi (come denunciato tra gli anni '70 e '80 da Pippo Fava nei suoi articoli).
Il quartiere di San Berillo, in tale situazione di espansione economica, cominciò ad essere tenuto d'occhio per ampliare un mercato turistico in crescita.

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Nonostante questo quartiere fosse stato parzialmente sventrato tra gli anni '50 e gli anni '60 del Novecento - in quanto erano venuti meno gli accordi politici ed economici tra la Democrazia Cristiana, l'ISTICA (Istituto Immobiliare Catanese, gestito dal Vaticano) e il Banco di Sicilia -, vari gruppi economici e culturali cominciarono a valutare il recupero della parte in cui vi sono le vecchie case - abitate non solo dalle/dai sex workers ma anche da persone che svolgono altri lavori.
Cominciarono a fioccare i documentari e i report televisivi a San Berillo dove si mostrava un'umanità di quartiere come se fossero animali da zoo o allevamento fino ad arrivare, meno di un lustro fa, alla nascita del primo "lounge bar": il First.

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Questo locale è stato, ufficialmente parlando, l'apri-pista per associazioni e interessi borghesi nell'iniziare un processo di gentrificazione del quartiere - attualmente fermo per via della pandemia.

Continua...

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