Post su un gruppo fb di giochi di ruolo dove una persona chiede se ci sono altre persone LGBT+ per giocare assieme.
Ovviamente salta fuori un thread da 300+ commenti.
Chi sono quelli che rompono di più?
Abbiamo:
1) lə alleatə che ovviamente hanno tanti amici gay e il loro è un ambiente sicuro e safe e non capiscono perché non aprire anche alle altre persone, basta cercare chi non è bigotto, basta fare una distinzione all'ingresso, DATECI QUESTO TAVOLO DOBBIAMO POTER PARTECIPARE OVUNQUE
[continua]
[continua da sopra]
4) infine l'amico gay che vorrebbero la maggior parte delle persone sopra, che condivide unironically Istituto Boomerale e che gli ally sono parte della comunità e che non bisogna autoghettizzarsi e insomma io sono gay quindi posso dire quel che mi pare ed è vero
Insomma: centinaia di commenti che chiedevano a questa persona di giustificarsi, e dimostravano con la loro stessa presenza il motivo per cui questa esigenza nasce.
Come sempre, thanks for nothing alle categorie di cui sopra.
@RedGlow btw a (1): "ally" is a verb
@RedGlow [quasi OT] Il tutto a conferma che i social, per sè, sono strutturati in modo da affossare qualunque tipo di discussione:
- La possibilità di fare commenti al volo.
- La pressione gamificata al DOVER seguire sempre quel che accade.
- La pressione gamificata al DOVERLO sempre commentare.
- L'assenza dei filtri umani e sociali presenti negli incontri di persona.
È una struttura che premia il rumore più che il contenuto e l'emotività più che il ragionamento. Il risultato è che tutti son spinti a gareggiare a pigliare like più che cercare di avvicinarsi.
Un social network può fungere da strumento sociale solamente se e quando i meccanismi generati dalla sua struttura di base vengono aggirati, smorzati o negati.
#riflessioni #socialnetwork #facebook
@RedGlow che grande questo tempo che solitudine che bella compagnia