[1] Mi pare di avervi già fatto una testa tanta sul discorso sul che vende e su un altro discorso (più ampio e complesso) che invece viene lasciato nell'ombra, non vorrei dilungarmi oltre; adesso aggiungerei che c'è pure un certo discorso che non si assume le delle proprie piattezze che rischia di essere particolarmente sessuofobico.
È un discorso dagli alti pulpiti di , ed è un discorso nei seggi parlamentari; è un discorso in bocca a chiunque abbia un minimo di copertura mediatica. È un discorso paternalista, che sa cos'è meglio per te; che ti scrive policy lines su come gestire e addomesticare l'. Ed è, soprattutto, un discorso che si auto illude di discostarsi dal , e invece ne fa le veci. [segue]

[2] Dall'episodio delle mangiatrici di banane, a un certo modo di discutere di cultura dello stupro, fino al sex work, la sessuofobia continua a filtrare il nostro modo di giudicare eventi, fenomeni e azioni altrui.

Io non so quante persone abbiano il bisogno di sentirselo dire, ma credere che ciò che ha a che fare col sesso sia sporco, disdicevole, volgare, indegno, rimproverabile, lesivo della propria persona, è un credere sessuofobico. E quando questa sessuofobia si cala nelle questioni queer e di genere, diventa ancora più evidente. Dallo per la condotta sessuale al paternalismo permeante i discorsi sulla delle , questa è sessuofobia. [segue]

[3] Di quella dannata festa degli uomini, ripeto, ci sarebbe da mettere in dubbio tutto; ma che tra il tutto si sia scelto di umiliare le donne presenti perché hanno partecipato a quella gara lì è la dimostrazione di quanto sia la via più facile, perché spianata da millenni di senso di colpa e di vergogna nei confronti della donna sessuale; cioè da millenni di sessuofobia. E non riuscire a centrare il proprio posizionamento sessuofobico, anche quando in virtù di un femminismo che vuole ribaltare le dicotomie di genere, è parte del problema. [segue]

[4] Quando mi capita di essere interpellata sul lavoro sessuale mi sento sempre una ladra, una che ha preso il posto, per l'ennesima volta, di unu sex worker. E lo sono. Quello che posso fare per raddrizzare il tiro, quando succede, è ragionare sul mio ruolo, sui miei limiti e le mie .
Continuerò a lottare a fianco dellu sorellu sex worker, ma nel frattempo in che modo posso contribuire ad ampliare un discorso funzionale? Proprio lavorando sulla (mia, e di chi standomi attorno vuole affrontare questa cosa). Da futura educatrice sessuale, posso partire da qui. [segue]

[5] Il lavoro sessuale è sfaccettato; ideare un disegno legge che tratti solo una di queste sfaccettature (quella che è più propensa a raccogliere le sacche del vittimismo senza intermediazione) per trovare delle "soluzioni", queste soluzioni non solo non le trova, ma le ripercussioni ricadono su chiunque eserciti il lavoro sessuale, da chi è più espostu e già senza diritti a chi è più privilegiatu. Ma questa cosa pur dirà della sua fallacia o vogliamo continuare a ignorare chi sta protestando? Lungi da me ricondurre tutti i problemi solo alle sessuofobia, soprattutto in questo caso; ma quello che succede con il DDL Maiorino e in generale sui discorsi anti- sex work, molto lo deve alla sessuofobia e al profondo credo secondo cui vendere un servizio sessuale equivalga ad avallare la violenza di genere. [segue]

[6] Mi sono stancata dei discorso sull’oggettificazione dei corpi, della sessualizzazione (come se fosse questa il male) e dei doppi standard senza una messa in discussione della sessuofobia; mi sono stancata dell'appiattimento a buoni e cattivi, ma soprattutto alla limitazione delle pratiche giuste e ingiuste per la propria dignità (effettiva) e di genere (simbolica); smettiamola di proiettare i nostri limiti (pure legittimi, fintanto che li riconosci) sulla vita delle altre persone e pretendere quindi di sapere cos'è meglio per loro direttamente senza neanche interpellarle, soprattutto quando direttamente interessate dal nostro mirino giudicante.

Il mio femminismo è anti-sessuofobico, o non è. [fine]

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