@RedGlow
Certo, i political compasses sono una semplificazione estrema, vanno presi come una PCA: colgono una o due caratteristiche importanti ma buttano via moltissimo.

Di questo articolo mi piacciono i due assi che ha scelto, mi pare siano quelli giusti per spiegare il nocciolo di certe questioni politiche di base.

Non ho ben capito la seconda parte del tuo commento, dici che a sinistra si tende a ignorare il ruolo della "tradizione"?

Se è così, mi sembra che tu abbia ragione, ma questo articolo non ne parla proprio: è una delle informazioni che vengono perse da questa particolare semplificazione.

Uno che ne parla è Jonathan Haidt, che nella sua analisi ne tiene 5 di componenti principali 😉

Continuando a parlare di case editrici accademiche, non tutte tentano di spremere quanto più denaro dagli studenti: la Dover store.doverpublications.com è un esempio virtuoso. Produce libri di buona qualità (che non cadono a pezzi dopo dieci anni) a prezzi ragionevoli.

Concretamente: questa è la mia copia del libro colloquialmente noto come AGD. Lo comprai usato, stampato nel 1975. È in condizioni perfette, e la copertina dice che all'epoca veniva venduto per 5 dollari, che al giorno d'oggi, correggendo per l'inflazione, corrispondono a circa 25 dollari.

Oggi ne costa 21, nuovo.

@ilfiumeoreto Interessante, grazie. La questione dell'editoria specializzata (parlo principalmente di articoli accademici) è complessa, e certi fenomeni veramente non li capisco. Per esempio, nel mio campo le case editrici richiedono di preparare l'articolo esattamente nel formato che andrà in stampa (scaricando quindi parte del lavoro dell'editore sull'autore), ma poi permettono che l'articolo, ormai praticamente nel formato finale, rimanga a tempo indeterminato sull'ArXiv, dove il pdf è accessibile gratis e legalmente.

Se ci fosse un modo di esplorare l'ArXiv e di fare peer review gli editori tradizionali sarebbero completamente superflui. Che è esattamente lo scopo di scipost.org/

Discorso a parte è quello dei libri di testo.

@iperborea deve diventare mainstream come gli sms ai tempi in cui wind dava i famosi quattromila messaggi gratis. A quel punto la gente che adesso usa signal continuerà ad usarlo ma avrà anche un nuovo servizio ancora più crittato e di nicchia. È il modo naturale in cui si riproducono le app di messaggistica.

@granata Non sapevo che JSTOR avesse ritirato le accuse, rende la storia forse ancora più tragica.

Da confrontarsi con la realtà dei fatti nel mondo accademico: science.sciencemag.org/content *tutti* usano sci-hub. Ho visto della gente scaricare paper dalla rete dell'università senza farsi alcun problema e senza conseguenze. Ma allora perchè non obblighiamo i giornali ad essere open access?

@deanmoriarty A questo non avevo pensato. Hai qualche canale da consigliarmi? (non solo di musica)

floraitaliae.actaplantarum.org
il più grande ficus magnoliae d'Europa è a Palermo a piazza Marina di fronte Palazzo Steri, nel punto in cui le streghe e le eretiche venivano bruciate nei secoli dell'Inquisizione, ora intitolata a Garibaldi e santuario del Risorgimento ospita il busto fra gli altri di Nicolae Balcescu patriota Rumeno. pochi metri più in là fu ucciso il poliziotto dell'FBI Joe Petrosino e dall'altro lato, a 100 metri, c'è il Vastiddaro dove puoi mangiare il pane con la milza sennò a Porta Carbone

@RedGlow Scrivere bio è sempre difficile. Queste sono un capolavoro, mi fanno rendere conto di quanto siano diversi -per fortuna- dalle persone nella mia bolla sociale.

Una cosa che mi ha fatto pensare è questa: in moltissime bio viene menzionato il rapporto della persone con altri (si descrivono come husband, wife, mother, brother e così via) o come appartenenza ad un gruppo (christian, army, navy...) e mi ha ricordato di questo articolo everythingstudies.com/2019/03/

A leggere queste bio mi sembra che queste persone pensino che il mondo sia pericoloso ("survive") e che una società forte abbia bisogno di questi legami ("coupled").

Il risultato è

@deanmoriarty Sono d'accordo. Che è il motivo per cui ho fatto questa serie di post 😉 Dico solo che vanced e newpipe mi sembrano violazioni più serie di ublock e compagnia (DNS speciali, hostfile...) e quindi sto provando a vedere se sopravvivo senza. Improbabile.

La cosa che veramente mi infastidisce è la situazione sulla musica.

@deanmoriarty Adaway era quello che usavo anche io col telefono precedente. Ho appena cambiato e non ho ancora fatto il root a quello nuovo.

Sia Vanced che Newpipe funzionano molto bene. In questo periodo sto provando a vedere come si vive internet senza alcuna forma di pirateria (e nemmeno cose "grigie"). Se poi trovo che sia inutilizzabile li reinstallo.

Per quanto android, la stessa idea viene usata da AdGuard e Blokada (che richiedono i diritti di root), e DNS66. Sfortunatamente alcune app si rifiutano completamente di funzionare se non riescono a mostrare correttamente la pubblicità. Infami.

Al momento la soluzione migliore penso sia usare Firefox mobile con ublock origin.

Esistono poi certe app progettate per ottenere l'esperienza di youtube premium e youtube music senza pagare. Il che viola i termini di servizio, ma a quanto pare usa le API ufficiali.

Se non abbiamo a disposizione un raspberry pi, possiamo usare quello di qualcun altro: per esempio si possono impostare i DNS su quelli di ahadns.com/ e ottenere lo stesso risultato.

Il prezzo che si paga è in privacy: il proprietario del servizio saprà a quali siti proviamo a collegarci. Non uso questo servizio per questo motivo, ma la trovo comunque una idea interessante.

Sullo stesso principio (prevenire il caricamento delle pubblicità dirottando le richieste ad IP inesistenti) si basa un bel progetto open source: pi-hole.net/

In questo caso si tratta di un software da installare su un raspberry pi (ma qualunque altra macchina sempre accesa va bene lo stesso) che permette a tutti i dispositivi collegati alla stessa rete wifi di essere esenti da pubblicità.

Questa soluzione è comoda perché l'installazione è facile, e non serve installare niente sugli altri dispositivi, anche un ospite collegato al nostro wifi potrà godere di un internet più utilizzabile.

Un'altra soluzione è usare un hostfile: si tratta di un file di testo che contiene le associazioni dominio/IP (per esempio joinmastodon.org e https://104.18.40.107 puntano alla stessa pagina).

Il modo in cui viene utilizzato per bloccare le pubblicità è un trucco: data una lista di indirizzi con contenuto indesiderato, li si associa ad un IP inesistente. Così, quando una pagina richiede contenuto da uno di questi indirizzi incriminati la richiesta va a vuoto.

Fortunatamente, alcune anime pie curano queste liste (esempio: someonewhocares.org/hosts/) così noi dobbiamo solamente copiarle e usarle.

Questo metodo ha il vantaggio di essere completamente trasparente. Il principio di funzionamento è semplicissimo, ma esteticamente poco piacevole: spesso lascia buchi nella pagina dove sarebbero stati gli annunci.

L'attenzione è una risorsa finita, e la pubblicità cerca di rubarci quella poca che abbiamo. Per questo, una mini serie di post su come estirpare quanta più pubblicità possibile dalla nostra esperienza digitale.

(Mi sembra un argomento buono come un altro per un primo toot.)

Come al solito, il primo 20% dello sforzo risolve l'80% del problema: installare uBlock Origin (ublockorigin.com/) nel browser rimuove quasi tutte le pubblicità, incluse quelle nei video di YouTube.

In più, attivare i filtri nella sezione "Annoyances" rimuove anche i pulsanti social dalle pagine web, che occupano spazio prezioso.

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