Altro problema è la raccolta dati: ad oggi, l'intero lavoro di ricercatrici e ricercatori può rimanere rinchiuso in un recinto proprietario. In generale, l'insegnamento in toto è delimitato in un ambiente di sorveglianza continua. "Docenti e studenti dovrebbero chiedersi [...] come è possibile imparare in ambienti in cui sono schedati, sorvegliati, condizionati ed eventualmente censurati" [Continua 👇]
La professoressa invita a usare tecnologie pubbliche, un accesso aperto alle pubblicazioni universitarie e ai dati di ricerca, e trasparenza per docenti e ricercatori riguardo i dati degli strumenti che usano
Pievatolo, autrice dello studio, fa notare come, nonostante l'università dovrebbe sia far ricerca che insegnare (dando quindi il buon esempio), non ci siano discorsi critici al riguardo in Italia, con tanto di esempi degni di lode come GARR e Politecnico di Torino completamente ignorati: "nell'attuale regime tecno-feudale [...] quale attrattiva mercantile può avere [...] un'università che addestra a una sottomissione?" [Continua 👇]