Orso il precario, Orso il preso male dallo schifo che offre Firenze, Orso che non fa parte di nessun collettivo, Orso che becchi alle serate e non becchi ai cortei. Orso Dellatullo, non Orso delle occupazioni, nè di qualsiasi altro gruppo più o meno militante. Orso schiacciato da una vita che vorrebbe destinata a qualcosa di grande, ripiegata in una quotidianità che di grande ha ben poco. Orso come tutti noi. Orso che ci pensa e ci ripensa e alla fine lancia il cuore oltre alla rassegnazione.
Rendere giustizia al ricordo di Orso vuol dire allora anche scendere dal piedistallo, aprire le porte e lasciarle aperte, smettere una volta per tutte di pensare di essere meglio delle persone che chiamiamo "normali" e che poi scopriamo essere in grado di compiere azioni straordinarie. Vuol dire conoscere le persone che ci circondano, aiutarle e farsi aiutare. Non rimpiangere di non averle conosciute o non averle conosciute abbastanza.
Orso che dalla nostra città non ha certo ricevuto solo rose, ma che comunque perdona tutti, anzi, Orso che scrive che ci ama tutti.
Quanti Orso ci sono nelle nostre città?
Quanti vengono alle nostre serate e li guardiamo senza neanche vederli?
Quanti ci vedono solo come gruppuscoli che giocano alla rivoluzione?