Tra i boschi di Torre Canavese (TO) si nasconde un curioso pilone votivo. L’affresco che lo decora ritrae il calice della Passione di Cristo. È tra le mani di S. Giovanni Evangelista, titolare della locale parrocchia. Parte di un gigantesco enigma a chiave, l’immagine cela un messaggio sconcertante: il Santo Graal è sepolto da qualche parte in paese. I dati storici che lo confermano sono numerosi e circostanziati.
Tra le pagine di "Il Santo Graal a Torre Canavese" – pubblicate per la prima volta nel 1996 – conduco un’appassionante caccia al tesoro attraverso gli assolati deserti palestinesi, le ruvide commanderie templari, le verdi colline del Piemonte e le polverose sacrestie canavesane. L'obiettivo? Riempire d’incanto i luoghi della mia infanzia, raccontandoli con gli strumenti dell’illusionismo.
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@marianotomatis Mi incuriosisce un dettaglio presente nei passaggi in cui descrivi come il tuo testo sia stato preso e utilizzato da diverse figure rimuovendone l'originale intento ironico.

Se anche in certi casi ciò può esser avvenuto con malizia, di altri son ben convinto che queste figure possano aver agito in buona fede.

Ecco, quel che non riesce a smettere di stupirmi é quanto il desiderio di credere in una certa cosa possa ''accecare la vista'' e far sì che si veda solo ciò che si vuol vedere, al punto che un testo ironico non sia più percepito semplicemente per quel che é.

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@Ca_Gi È un tentativo che facevo su di me per primo: la teoria, anche se autoprodotta, reincantava davvero il kuogo - a meno di tenere gli occhi sufficientemente socchiusi, ma non così tanto da andare a sbattere. Equilibrio smark non banale 😅

@marianotomatis Si, si, questo é chiaro. Il tutto avviene con un livello di consapevolezza che permette di esplorare in sicurezza quel tipo di immersione. Una consapevolezza che funge da ancora di sicurezza, ecco.

La cosa che dicevo riuscir sempre ad incuriosirmi é osservare chi questa ancora di sicurezza non ce l'ha (o meglio: ce l'ha ma é assai debole) e che si sforza in ogni modo di mantener vive fantasie che gli son irrinunciabili nonostante la realtà gli urli addosso che sono, appunto, solo fantasie.

@Ca_Gi La figura più interessante è quella del parroco: non posso credere che non avesse colto l'assurdità del mio lavoro; al contempo, da letterato qual era, credo ritenesse interessante "endorsare" la dimensione simbolica dell'oggetto durante le omelie. Trovo interessante cercare nel testo gli indizi di buona (o cattiva) fede. Utile a proposito la lancetta proposta da Francesco Orlando ne "Il sovrannaturale letterario" - che si chiede: rispetto al fantastico, quanto *questo* testo pende verso la critica? quanto verso una sua promozione?

@marianotomatis Si, la figura del prete risulta in effetti esser la più ambigua, essendo quello che per primo effettua la rimozione.

La lancetta di Orlando (che non conoscevo) sembra essere lo stesso indicatore di cui si devono armare il detective, lo storico ed il ricercatore in genere.

Il ricorso al fantastico, inoltre, permette di osservare meccanismi che poi ritroviamo in parte tra alcune narrazioni sublimate nel puro simbolismo (e dunque intoccabili dalla logica) ma anche in narrazioni che vivono sul filo del verosimile (il cui smontaggio richiede logica ed evidenza)

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