Se oggi la tecnologia digitale è in larga parte uno strumento di oppressione, utilizzato per creare profitto per pochi a danno di tanti, che abilita discriminazioni, sfruttamento, campi di concentramento e genocidi, è anche innegabile che sia uno strumento che ha avuto esternalità positive e liberatorie. Concentrarsi sui danni, per quanto enormi, ci blocca e ci impedisce di pensare ad una tecnologia diversa, al servizio del bene comune. Non basta rifiutare questa tecnologia come fanno gli intellettuali e a volte i politici così come non basta sviluppare strumenti per ostacolarla come fanno gli hacker.
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Il tecno-ottimismo non può essere lasciato ad una manciata di investitori californiani (o di venditori di fumo italiani) e ai giornalisti al loro servizio. Deve diventare una prospettiva centrale se vogliamo ancora pensare di poter lasciare un mondo migliore a chi verrà dopo di noi.
"Reclaiming techno-optimism means reclaiming human optimism. We must seek a shared vision of the world that is just, equitable, and abundant. We have the resources to bring it about. Utopianism implies a state of unattainable perfection, but optimism requires the simple yet daring belief that we have agency over our future."
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