Secondo me non conta tanto l'irrazionalità, quanto la scarsa conoscenza del metodo storico (basato sulle fonti e la loro interpretazione). Non saperlo porta a considerare sullo stesso piano il lavoro di Pavone e quello di Pansa, solo che uno si basa su solide fonti, l'altro su sentito dire e storie palesemente inventate.
Il processo revisionista è in atto dagli anni Ottanta (Gallerano ne scriveva già allora), cominciò in televisione. La rete ha semplificato la diffusione di quelle informazioni, ma, forse, ha solo accelerato un processo già in atto.
Il lavoro degli storici del futuro credo sarà difficile sia per il deep-fake, sia per la volatilità dei dati. Pensate solo quanto già oggi sia difficile fare una storia di Indymedia basata su fonti che non siano orali...
@PuncoX @void @karol aggiungo, che mi ero persa un pezzo: massima solidarietà per le storiche del futuro, sarà davvero complicato. Comunque mi preoccupa più la perdita delle informazioni che i deep fakes. Alla prima non c'è soluzione, mentre i secondi sono comunque fonti calate in un contesto piú ampio e teoricamente "smascherabili". Come domani qualcuno potrebbe inserire un video deep fake in un archivio digitale così oggi potrebbe inserire un documento falso in un archivio cartaceo.
@zeyev
Però un falso cartaceo hai diversi strumenti per analizzarlo, da quello filologico a quello della composizione chimica. Un falso digitale, se è filologicamente coerente è molto più difficile riuscire a catalogarlo come falso, soprattutto in un contesto dove non sono più in vita i contemporanei di quell'evento.
Inoltre ha un impatto emotivo, e non solo, molto più diretto: stai ascoltando quelle parole da una determinata persona, che vedi in video, e questo abbassa parecchio le difese.
Un falso, poi, una volta in circolo, nonostante venga smascherato, continua a produrre effetti per molto tempo. Pensa ai Protocolli dei Savi di Sion, ai quali, molti, ancora oggi credono. Ed erano un documento cartaceo. Pensa agli effetti che potrebbe avere un video.
@void @karol