Anno 2001.
Fano.
Capitaneria di porto.
Venni incaricato dal nostromo di allestire il presepe della "casermetta". La casermetta era l'alloggio-dormitorio in cui venivamo stipati come brandelli di stoffa vecchia da usare per minuzie e bagattelle di nessuna utilità. Si stava come dei cenci insomma.
Io e Francesco recuperiamo uno scatolone con su scritto – da mano tremante e in un rosso sbiadito da immemori sospiri di noia di chissà quanti altri militari – “PRESEPRIO!”. E vabbe’.
Apriamo la scatola e subito ci salta all'occhio un paffuto e ceramico bimbo-cristo. Iniziamo a farlo giocare. Lo lanciamo in alto e lo riprendiamo al volo in attesa di un suo segnale, foss'anche un tenue risolino infante. Esistenza vuole che io abbia le mani di burro e una presa poco affidabile: il cristo cade, gli vola la testa e le braccia si spezzano.