La casermetta era dotata di tutto. Tutto ciò che non sarebbe mai servito a niente e nessuno: creste commemorative, oblò dismessi, bitte divelte, boe forate e cenci. Soprattutto cenci. Ma nessun segno di colla.
Così, preso dall’estro di quell’artista nullafacente e blasfemo che da sempre dorme in me, mi adoperai, con mela e coltellaccio, per ricreare una testa al decollato.
Contemplai quella testa per giorni e giorni, sempre più inquietante man mano l’avvicinarsi del natale; iniziò a marcire, annerire, decomporsi. Anche la putrefazione ha un suo fascino. Francesco decise di disegnare delle lacrime di sangue sul volto del mammolo. Le braccia, invece, non le trovammo, ma ridemmo nel pensarlo crocefisso l’anno successivo, poco prima di pasqua, dai coglioni.