«Davanti a queste finestre, e a questo nulla, mi è accaduto spesso di pensare a Zardino... sotto ... il Monte Rosa.... un “macigno bianco” - così lo descrisse all’inizio del secolo il mio babbo matto, il poeta Dino Campana - attorno a cui “corrono le vette / a destra a sinistra all’infinito / come negli occhi del prigioniero”. Campana era arrivato a Novara una sera di settembre, in treno, senza vedere niente perché fuori era già buio e la mattina del giorno successivo, attraverso le inferriate di un carcere, gli era apparso il Monte Rosa in un “cielo pieno di picchi / bianchi che corrono”: un’immagine inafferrabile e lontana come quell’amore che lui allora stava inseguendo e che non avrebbe mai raggiunto, perché non esisteva… Una chimera!».
Sebastiano Vassalli, La chimera, Torino, Einaudi, 1990