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Replied to rifugio.urbano

[segue] Capiamoci, non è tutto da buttare. Tanto la Regione, quanto le amministrazioni, hanno lavorato e bene su diversi fronti. Il #PGT e la sua rivoluzione a confronto con il vecchio PRG, ha fatto scuola. Come tutti gli strumenti di compromesso e le versioni beta, per molti l'asticella si è sempre puntata troppo in basso. vedi #casa #verde #spaziopubblico #mobilità #servizi . Idem alcune modifiche al R.E. le quali, tra tante, hanno accelerato la Milano dei loculi e dei "basement" [continua]

Salt Typhoon colpisce ancora: hacker cinesi attaccano telecomunicazioni e università globali

📌 Link all'articolo : redhotcyber.com/post/salt-typh

Il gruppo di hacker cinese Salt Typhoon non rallenta nonostante le sanzioni statunitensi e i controlli governativi. Secondo i  di , una nuova ondata di attacchi ha colpito le compagnie di e i fornitori di Internet negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Thailandia, in Sudafrica e in Italia. Inoltre, gli hacker hanno attaccato università in Argentina, Bangladesh, Indonesia, Messico e Malesia.

il blog della sicurezza informatica · Salt Typhoon colpisce ancora: hacker cinesi attaccano telecomunicazioni e università globaliSalt Typhoon non si ferma: gli hacker cinesi continuano a colpire telecomunicazioni e università in tutto il mondo
Replied to Diletta Fileni

siriano Bashar al-Assad e degli alti funzionari a lui subordinati. Durante la documentazione giornalistica nell'ufficio di Luka è stata rivelata anche una pagina del diario di conversazione esistente, che è stata registrata dalla telecamera

Il diario della conversazione del 5 dicembre, tre giorni prima della caduta definitiva del regime di Assad , registrava la sua conversazione con il #generale Giovanni #Cavarelli, capo dei #servizi #segreti italiani. Cavarelli in una conversazione si è ..2/n

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Per quanto riguarda invece Guignot, il collaborazionista francese condannato a morte, la sua attività per l’ODEUM Roma si sarebbe configurata in maniera del tutto diversa da quella di von Fransecky. Tra il ’48 e il ’49 Guignot sarebbe diventato il membro del gruppo più vicino a Johannes dal punto di vista professionale, producendo una grande quantità di report riguardanti i più svariati argomenti e mettendosi continuamente a disposizione. Tuttavia è lecito interrogarsi sulle ragioni che avevano portato Guignot a collaborare con l’ODEUM Roma. Sulla base delle informazioni fornite dai documenti sul conto del latitante fascista francese è possibile ipotizzare che egli fosse principalmente interessato non tanto a prendere piede nel mondo dell’intelligence del dopoguerra sulla base di aspirazioni professionali, quanto piuttosto a garantirsi un’entrata regolare per motivi di sopravvivenza. Trovandosi a Roma subito dopo la fine della guerra a causa di una condanna a morte in patria, Guignot non doveva solo assicurarsi un modo per finanziare la propria esistenza in clandestinità, ma anche per sostenere il peso di ingenti spese mediche per le cure della moglie, affetta da una malattia grave non meglio specificata: tali spese sembrano aver assorbito maggior parte dello stipendio del criminale di guerra francese, riducendo così la coppia in una situazione economica «catastrofica» <287. Questa necessità di denaro, senza dubbio alla base dell’attività di Guignot nel campo dell’intelligence postbellica, lo avrebbe portato dapprima a prendere contatti con alcuni gruppi neofascisti italiani, dai quali avrebbe ricevuto l’incarico «di costruire una rete d’intelligence a tutti gli effetti», un progetto poi finito in un nulla di fatto per mancanza di fondi <288. Quando successivamente incontrò Johannes nel ’48, è probabile che Guignot avesse da subito intravisto la concreta possibilità di inserirsi finalmente in un contesto di lavoro più o meno stabile. E, come si è visto, sarebbe riuscito a guadagnare gradualmente la fiducia dell’ex fisico nucleare grazie alla propria ambizione e alla sua determinazione.
I primi due report di Guignot, redatti per l’ODEUM Roma nel febbraio del ’48, lasciano intravedere alcune delle principali attività svolte dal francese per l’Organisation Gehlen, riguardanti perlopiù gli ambienti vaticani ed ecclesiastici in generale. Così nel primo report, intitolato Renseignements sur les frères Omez, Guignot fornisce al suo futuro capo informazioni sul conto di tre frati dell’ordine dei Dominicani, attivi tra Italia, Francia e Spagna e descritti come «sospetti» <289. Il secondo report, invece, sembra concentrarsi su un’analisi del panorama ecclesiastico francese in vista della nomina del nuovo arcivescovo di Rouen <290. Qualche mese più tardi, nell’aprile del ’48, Guignot avrebbe raccolto informazioni sull’ordine dei Gesuiti dietro richiesta di Johannes, servendosi, a quanto pare, anche di conoscenze nella segreteria di Stato del Vaticano <291. Col passare del tempo e con il consolidarsi del rapporto di fiducia reciproco, il capo dell’ODEUM Roma avrebbe aperto a Guignot anche le porte di Via Condotti, assegnandogli compiti come la sorveglianza della figlia di Malfatti, sospettata, come già accennato, di attività spionistica per i servizi segreti comunisti <292. Inoltre, sullo sfondo degli accordi presi tra il governo militare francese in Germania e l’Ordine – la prima “sconfitta” di Johannes a via Condotti, di cui si è parlato prima – Guignot si sarebbe anche occupato della raccolta di notizie sul conto del generale de Marguerittes, artefice di tali accordi e da lui descritto come «militare mediocre», ma capace di tutto per difendere i propri interessi <293.
Tuttavia, l’attività più degna di nota del collaboratore francese non avrebbe riguardato le cerchia ecclesiastiche, quanto piuttosto quelli legati alla sua patria. Nel ’49, poco dopo lo “scandalo SMOM” e la partenza di Johannes da Roma, sembra infatti che Guignot fosse stato impegnato nella costituzione di un collegamento fra l’Organisation Gehlen e un servizio segreto francese, probabilmente il SDECE (Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage), l’organo d’intelligence per l’estero francese, nato nel ’45 <294. Dai documenti emerge chiaramente come Guignot sia stato tra gli artefici di questo avvicinamento tedesco-francese, che, nell’agosto del ’49, avrebbe portato ad un incontro tra Reinhard Gehlen, accompagnato da Johannes, e un membro del suddetto servizio segreto della Repubblica francese <295.
In un documento intitolato “Reisebericht” (“Resoconto di viaggio”) Johannes affermava infatti che Guignot «e i suoi amici desiderano un contatto più frequente» con Pullach, in quanto la parte francese sarebbe estremamente interessata «a tutto quello che riguardava i comunisti in tutti i paesi, ma soprattutto in Germania» e considererebbe l’Organisation Gehlen quale «fonte più adatta con le migliori possibilità, anche dal punto di vista geografico, per fornire simili informazioni »296. In cambio, secondo quanto riferito da Guignot a Johannes, il servizio segreto francese avrebbe assicurato il proprio sostegno all’Organisation Gehlen in vista della costituzione degli organi d’intelligence della neonata Repubblica Federale Tedesca: gli “amici di Guignot” avrebbero avuto molto a cuore «che 34 [Reinhard Gehlen] venisse nominato capo dell’intelligence federale» <297. Inoltre essi, affermava Johannes, sarebbero stati persino disposti a «mettere fuori gioco» eventuali antagonisti dell’Organisation Gehlen, «se 34 lo desiderava» <298. In tal senso, le suddette attività di Guignot rientravano nel più vasto ambito della nascente cooperazione spionistica tedesco-francese postbellica che si stava pian piano costituendo tra il ’47 e il ’50, anno in cui Reinhard Gehlen avrebbe poi incontrato per la prima volta Henri Ribière, direttore generale del SDECE <299.
Anche se, dunque, l’attività di Guignot non avrebbe riguardato solo la sfera italiana o “interna”, ma anche quella estera, è degno di nota, in particolar modo, lo sforzo da lui fatto per contrastare il PCI nel 1949. Da un documento dell’ottobre di quell’anno emerge infatti come egli sia riuscito a trovare un informatore disposto – dietro un pagamento di 15.000 lire – a riprodurre e poi consegnargli un numero significativo di documenti conservati presso la sede centrale del PCI e riguardanti le corrispondenze del partito con Mosca <300. A causa di una sostanziale mancanza di fonti, tuttavia, non è al momento possibile ricostruire se o meno tale operazione proposta da Guignot avesse avuto seguito.
Dalle suddette attività della spia francese emerge con chiarezza come Johannes si sia servito di un uomo in grado di “compensare”, in apparenza, quegli aspetti che invece mancavano nel curriculum dello stesso capo dell’ODEUM Roma: Guignot appariva quale uomo d’intelligence con notevole esperienza, ben collegato e abile nel muoversi nella Roma “capitale di spie” dell’epoca. Tuttavia a tal riguardo, come emerge da un report del BND risalente al ’69 – quindi all’anno del pensionamento di Johannes – c’è chi all’interno dello stesso servizio segreto federale non la pensava affatto così. Guignot, afferma lo scrivente, «è senza dubbio da definire come poco professionale dal punto di vista dell’attività d’intelligence», oltre ad essere «un uomo che, senza prestazione adeguata, ha goduto immeritatamente per anni una vita comoda», grazie al supporto di Johannes <301. Definendo Guignot come «probabile imbroglione» e «scroccone», è facile dedurre che chi aveva redatto il documento fosse convinto che il collaborazionista francese, più che rappresentare una valida e importante componente del gruppo d’intelligence romano, avesse invece sfruttato la mancante esperienza sul campo di Johannes a proprio favore, fornendogli notizie poco importanti e, a volte, addirittura false <302. Mentre più avanti si tornerà sul report in questione, esaminandolo più a fondo soprattutto in vista del giudizio generale circa il lavoro dell’ODEUM Roma, basta qui dire che Guignot rappresentò senz’altro la componente più sfuggente del gruppo romano, ma al tempo stesso quella più eminente. Egli, come emerge dalle carte esaminate, sembra aver svolto per anni un ruolo centrale nell’attività d’intelligence dell’Organisation Gehlen a Roma, spaziando dall’ambiente vaticano fino ai ministeri italiani e al PCI. E, come dimostra il report appena citato, valutare in retrospettiva l’attività di Guignot risulta un’impresa difficile, soprattutto in vista dell’eterogeneità delle fonti e dei giudizi contrastanti espressi in esse.
[NOTE]
287 Italien-Allgemeines, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, senza data, BND-Archiv, 220815, doc. 408.
288 Bericht N°10, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 13 febbraio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 121; Reisebericht Italien, 3031 [Otto Wagner], BND-Archiv, 220814_OT, doc. 138.
289 Renseignements sur les frères Omez, Guignot, senza data, allegato a Bericht N°10, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 13 febbraio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 119.
290 Très important, Succession du Cardinal Petit de Julleville, Archevèque du Rouen, Guignot, senza data, allegato a Bericht N°10, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 13 febbraio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 120.
291 Bericht N° 13, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 3 aprile 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 106.
292 Bericht N°19, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 4 luglio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 079. Sarebbe stato sempre Guignot ad occuparsi della raccolta di prove sul tali presunte “attività illecite” e a consegnarle poi alle autorità, con lo scopo di far allontanare Malfatti dal SMOM, cfr. Italien-Allgemeines, senza data, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 00305.
293 Report, Jean Henry Guignot de Salbert, 23 settembre 1948, allegato a Bericht N° 22, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, BND-Archiv, 220815, doc. 062.
294 È chiaro che si trattava di un servizio segreto ufficiale e statale, e non di una rete “ufficiosa” o di carattere “privato”, in quanto veniva proposto il consolato francese come canale di comunicazione fra le due parti. Ciò, insieme all’attività estera e l’interesse nei confronti delle vicende internazionali, giustificano l’ipotesi che si tratti del SDECE. Cfr. anche E. Schmidt-Eenboom, C. Franceschini, T. Wegener Friis, Spionage unter Freunden, cit., pp. 68-69. Inoltre, come ha dimostrato Wolfgang Krieger, inoltre, un’effettiva collaborazione tra l’Organisation Gehlen e il SDECE si stabilì proprio nel triennio ’47-’50. W. Krieger, Partnerdienste, cit., pp. 254-259; Reisebericht von S-1933, 24 agosto 1949, BND-Archiv, 220815, doc. 084.
295 Che Johannes abbia accompagnato il fratello durante tale viaggio è provato dal seguente documento, cfr. Auszug aus: Eindrücke einer Reise in Oberitalien und der Schweiz im August 1949, S-1933, senza data, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 000311.
296 Ibidem.
297 Ibidem.
298 Ibidem.
299 W. Krieger, Partnerdienste, cit., p. 259. Per un‘analisi approfondita dei rapporti spionistici tra l’Organisation Gehlen e i servizi segreti francesi a partire dal ’47 cfr. Ivi, pp. 249-322.
300 Italien-Allgemeines, senza data, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 302.
301 Aus Akte Roma bei 106/II, senza data, BND-Archiv, 220816, doc. 607.
302 Ibidem.
Sarah Anna-Maria Lias Ceide, ODEUM Roma. L’Organisation Gehlen in Italia agli inizi della guerra fredda (1946-1956), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, 2022

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Nell’estate del ’48 l’ODEUM Roma aveva preso forma concreta

Gli episodi appena analizzati – lo “scandalo SMOM” e le tensioni emerse in occasione della valutazione dell’Organisation Gehlen e del suo potenziale da parte della CIA – rappresentano senz’altro un “punto basso” nei primi anni della carriera di Johannes nel campo dell’intelligence. Per tutta l’estate di quell’anno, durante l’assenza del loro capo, il futuro dei restanti tre membri del gruppo romano, Guignot, von Fransecky e Friede, sarebbe restato appeso a un filo. Nel caso di Alix von Fransecky la sensazione di insicurezza era particolarmente forte: ella, al pari di Johannes, aveva perso il lavoro da segretaria presso lo SMOM dopo gli eventi del giugno 1949. Un documento dell’agosto dello stesso anno attesta inoltre che von Fransecky e gli altri membri dell’ODEUM Roma non avevano ricevuto nessun tipo di indicazione riguardo il da farsi durante l’assenza di Johannes, né erano stati informati sulla possibile data di rientro di quest’ultimo <272. La situazione economica, infine, sembrava aver reso le circostanze ancor più preoccupanti per i tre membri del gruppo, come scriveva Guignot in una lettera al suo capo nel settembre del ’49:
“Ferner ist es unerlässlich, dass unsere materielle Situation genau festgelegt wird. Sie kennen besser als alle anderen unsere Lage. Es ist nun heute schon der 21. September und Alix und Friede haben noch nicht ihr Monatsgeld erhalten. Wir haben kaum leben können und sind am Ende unserer Kräfte seit einigen Tagen. Wir haben es nur dadurch geschafft, dass wir alles zusammen getan haben, was wir hatten. Diese Situation darf sich aber nicht mehr wiederholen” <273.
È importante a questo punto rilevare che i documenti consultati non offrono alcuna delucidazione riguardo alle modalità di soluzione dell’appena citata situazione di stallo in cui l’ODEUM Roma si trovava nell’estate del ’49. Il documento “Tätigkeiten in Rom”, di cui si è parlato prima, risale chiaramente al periodo di assenza di Johannes dall’Italia e rispecchia le concrete difficoltà dell’ODEUM Roma durante il biennio ’47-’49, ma non si trovano carte che gettino luce sulle dinamiche successive. Certo è solo che l’ex fisico nucleare stava ancora in Germania a fine ottobre – da ormai tre mesi circa – aspettando direttive da parte di Pullach <274. Quando esattamente Johannes sia infine tornato a Roma non è facile stabilire, ma è probabile che ciò sia accaduto nel novembre del ’49 <275. La CIA aveva deciso di mantenere in vita l’ODEUM Roma sotto la guida di Johannes, probabilmente grazie all’ennesimo intervento di Reinhard a favore del fratello maggiore. Tuttavia i problemi dell’ex fisico nucleare erano lontani dall’essere finiti. Sullo sfondo degli eventi dell’anno passato, nella primavera del ’50, infatti, sarebbero arrivati importanti cambiamenti per il gruppo romano dell’Organisation Gehlen. Tuttavia per comprendere appieno gli eventi sia del ’49 che del ‘50 è necessario analizzare dapprima non solo l’attività dei singoli membri dell’ODEUM Roma, a partire dal ’48, ma anche alcuni elementi dei loro rapporti interpersonali.
Come già detto, nell’estate del ’48 l’ODEUM Roma aveva preso forma concreta attraverso il reclutamento dei tre membri del gruppo, Guignot, Friede e von Fransecky. Mentre da una parte i documenti dimostrano come questi tre personaggi abbiano di fatto costituito la base operativa del gruppo romano, non risulta però d’altra parte altrettanto facile stabilire il loro preciso inquadramento e le loro funzioni. Innanzitutto è da mettere in evidenza il carattere eterogeneo del gruppo stesso. Mentre Guignot proveniva da un contesto spionistico-militare, grazie al servizio svolto agli ordini di Petain, Friede e von Fransecky non erano qualificabili come esponenti del mondo dell’intelligence, almeno in senso stretto. Inoltre, mentre l’ex Jugendführer e la giovane aristocratica erano entrambi cittadini tedeschi finiti in un modo o nell’altro a Roma, il legame di Guignot con la Germania si era venuto a costituire grazie alla sua attività collaborazionista durante la guerra. Tuttavia era probabilmente proprio questa eterogeneità dell’ODEUM Roma ad aver convinto Johannes del potenziale del suo gruppo: la Roma del secondo dopoguerra era una vera e propria “capitale delle spie” che brulicava di agenti dei più diversi servizi segreti, di avventurieri e mercenari; un ambiente, in breve, che richiedeva caratteristiche specifiche da parte di chi intendeva sfruttarlo a scopi spionistici. Il carattere plurinazionale e multilinguistico del gruppo sembrava, in tal senso, promettente. Come avrebbe allora Johannes gestito la divisione dei compiti fra i suoi tre dipendenti? E come si sarebbe configurata la gerarchia interna tra i singoli membri? Un documento del ’49 riesce a fare un po’ di chiarezza a tal proposito. Si tratta di una lunga lettera di Johannes scritta al fratello Reinhard che comprende anche una lista delle relative paghe, per il mese di ottobre, di von Fransecky, Friede e Guignot. L’importo degli stipendi ricevuti lascia intravedere una certa “gerarchia”: mentre nel caso dei primi due l’importo risulta essere rispettivamente di 80 e 100 dollari americani, Guignot avrebbe ricevuto uno stipendio di ben 150 dollari, quasi il doppio di von Fransecky <276.
Von Fransecky: un sostegno prezioso
Per quanto riguarda l’attività svolta dalla giovane aristocratica tedesca per l’ODEUM Roma, ella, anche se ufficialmente impiegata come segretaria di Johannes <277, avrebbe comunque avuto un ruolo non indifferente nell’aiutare l’ex fisico nucleare ad allacciare dei rapporti con importanti esponenti della stampa, della politica e degli ambienti universitari tedeschi <278. Ciò emerge già con chiarezza se si considera che era probabilmente stata von Fransecky a presentare Johannes al proprio patrigno, il celebre archeologo tedesco Curtius. Inoltre, come già detto, la giovane aristocratica era stata ufficialmente assunta come segretaria presso la Segreteria Estera dello SMOM e avrebbe in tal modo assistito Johannes e von Thun-Hohenstein nella loro “missione”. Dopo il brusco allontanamento dei due uomini dallo SMOM, von Fransecky si sarebbe subito occupata di trovarsi una nuova attività di copertura. Grazie ai suoi eccellenti contatti con la comunità tedesca in Italia e con importanti esponenti dell’alta società nella RFT, infatti, ella «non avrebbe dovuto avere difficoltà a trovare un qualche impiego a Roma» <279. In effetti nell’autunno del ’49 von Fransecky, dietro approvazione di Johannes, stava ormai tentando di inserirsi nell’ambito del rinascente apparato estero della RFT in Italia <280. Oltre a una possibile posizione presso la futura ambasciata tedesca a Roma, stando a quanto riferito da Johannes, l’unico membro femminile dell’ODEUM Roma avrebbe avuto anche concrete possibilità di essere assunta dalla multinazionale statunitense Amexco (American Express Company) presso la sede romana di tale ditta <281. Inoltre sarebbe stato sempre attraverso il tramite di Alix von Fransecky, che, sempre nell’autunno del ’49, Johannes avrebbe tentato di procurarsi un’attività di copertura come giornalista presso il NWDR <282 (Nordwestdeutscher Rundfunk), la stazione radiofonica per la Germania nordoccidentale, vicenda che sarà analizzata più avanti <283.
Nonostante siano scarsi gli indizi contenuti nelle carte del BND sul conto di von Fransecky, risulta comunque interessante l’analisi di una lettera da lei mandata nel ’50 a un certo “Giesecke”, la cui identità non è del tutto chiara, anche se sembra essere stato membro del rinascente corpo diplomatico tedesco-federale <284. La suddetta lettera scritta da von Fransecky, oltre al chiaro intento di mettersi a disposizione in vista dell’imminente processo di selezione del personale per la nuova ambasciata, contiene un dettaglio interessante, ovvero l’indicazione di essere in quel periodo impiegata «presso l’“International Tobacco Company”» e, inoltre, di avere un rapporto di collaborazione con esponenti della «International Correspondence for Press and Radio», entrambi con sede a Roma <285. Mentre appare logico perché von Fransecky non menzioni il proprio impiego presso l’Organisation Gehlen, è tuttavia interessante che ella afferma di star lavorando per le due succitate ditte, della cui esistenza non sembra esservi alcuna traccia. Non è stato infatti possibile trovare una qualche fonti che attesti la loro esistenza: una ricerca nel Reading Room della CIA e nei documenti messi a disposizione dal BND e dall’ACS non ha prodotto risultati per quanto riguarda sia l’International Tobacco Company che l’International Correspondence for Press and Radio. È a questo punto plausibile che si tratti di due ditte di copertura della CIA, messe a disposizione di von Fransecky per arricchire il proprio curriculum durante il periodo di ricerca lavoro. Accanto a ciò, dal succitato documento emergono altri due elementi di grande interesse. In primo luogo, lo sforzo fatto da von Fransecky per entrare a far parte dello staff della nuova ambasciata tedesco-federale in Italia conferma che ella non abbia svolto solamente le mansioni di una segretaria o impiegata d’ufficio. Il suo inserimento nell’ambiente diplomatico della RFT avrebbe comportato degli ovvi vantaggi per l’attività d’intelligence dell’ODEUM Roma e, senza dubbio, era questo aspetto a costituire una delle principali motivazioni. In secondo luogo, è interessante notare come l’indirizzo del mittente nel documento sia «Via Flaminia 357», ovvero l’indirizzo di residenza di Johannes e Agda Gehlen. Ciò sembra confermare quanto già detto prima, ovvero che il rapporto tra il capo dell’ODEUM Roma e la sua collaboratrice sia stato innanzitutto basato sull’amicizia. In generale, al di là del rapporto con Johannes, von Fransecky sembra aver svolto la funzione di “collante” dell’ODEUM Roma con la centrale dell’Organisation Gehlen a Pullach, trasmettendo comunicazioni e note dall’uno all’altro e occupandosi degli aspetti organizzativi e logistici necessari per lo svolgimento dell’attività del gruppo. Inoltre ella inizialmente era l’unico membro dell’ODEUM Roma ad aver ricevuto una formazione nell’uso di inchiostro “invisibile” (la cosiddetta G-Tinte) <286.
[NOTE]
272 Meldung, Betr.: Alix von Fransecky, Verschiedene Durchsagen an S-1933, bzw. 34 bezueglich Geschehnisse seit der Abreise des S-1933, 5 agosto 1949, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 000134.
273 Italien-Allgemeines, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, senza data, BND-Archiv, 220815, doc. 408.
Inoltre è indispensabile che la nostra situazione materiale venga regolamentata in modo preciso. Lei conosce meglio di chiunque altro la nostra condizione. Ormai è già il 21 settembre e Alix e Friede ancora non hanno ricevuto il loro stipendio mensile. Siamo riusciti appena a sopravvivere e da alcuni giorni siamo allo sfinimento. Ce l’abbiamo solo fatta mettendo insieme tutto quello che avevamo. Questa situazione non deve però più ripetersi.
274 Lettera di Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 25 ottobre 1949, BND-Archiv, 220815, doc. 059.
275 Nota su Avv. Carlo Miglioli, Rom, 8 novembre 1949, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 000261.
276 Italien-Allgemeines, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, senza data, BND-Archiv, 220815, doc. 408.
277 Tätigkeiten in Rom, 1949, BND-Archiv, 220815, doc. 420.
278 Il duplice ruolo giocato da von Fransecky sia in ambito d’intelligence che come segretaria è dimostrato, fra gli altri, da un report scritto da Johannes, in cui si riferisce a lei come «mia informatrice», cfr. Bericht N°6, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 1° gennaio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 150.
279 Aktennotiz über Rücksprache mit Ludwig Adam Grefen von Strachwitz am 28.7.1949, 29 luglio 1949, BND-Archiv, 220815, doc. 404.
280 Italien-Allgemeines, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, senza data, BND-Archiv, 220815, doc. 408; Lettera di Johannes Gehlen a “Hans”, 23 gennaio 1950, BND-Archiv, 220815, doc. 047.
281 Italien-Allgemeines, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, senza data, BND-Archiv, 220815, doc. 408.
282 Lettera di Johannes Gehlen a “Hans”, 23 gennaio 1950, BND-Archiv, 220815, doc. 047.
283 Per la vicenda Johannes-NWDR, che sarà trattata nel paragrafo 5.2., risulta essere illuminante in particolar modo una serie di documenti del BND, tutti risalenti al 1950, cfr. BND-Archiv, 220815, doc. 16, 17, 19, 37, 47.
284 Lettera di Alix von Fransecky a “Fr. Giesecke”, 10 marzo 1950, BND-Archiv, 220815, doc. 018.
285 Ibidem.
286 Aktennotiz über Einweisung Frl. F. am 21.3. und 1.4.49 im Clubhaus, 22 aprile 1949, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 000367.
Sarah Anna-Maria Lias Ceide, ODEUM Roma. L’Organisation Gehlen in Italia agli inizi della guerra fredda (1946-1956), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, 2022

Nel portare avanti i propri programmi scientifici attraverso il reclutamento degli scienziati nazisti con missioni parallele simili a Paperclip <726, il JIOA [Joint Intelligence Objectives Agency] fu limitato con le nuove politiche della Germania Ovest e, soprattutto, con la normativa della NATO <727 e dei Paesi che amministravano la Germania.
Lo stesso non accadde per la CIA in quanto facente parte dei servizi segreti aveva molta più libertà di azione e riusciva a non farsi condizionare dalle nuove normative in Germania. Così, quest’ultima continuò a reclutare gli agenti a scapito di Paperclip che, nel frattempo, modificò il suo nome in Defense Scientist Immigration Program (DEFSIP). Anche la CIA, poco a poco, iniziò a modificare la sua struttura come quando, per esempio, cedette l’Organizzazione Gehlen alla Germania Ovest sotto il cancelliere Konrad Herman Josef Adenauer che la rinominò BND (Bundesnachrichtendienst) <728. Ci sono, inoltre, dei documenti come quello della CIA del 1952 indirizzato all’OSI, in cui traspare preoccupazione che l’Operazione Paperclip potesse venire messa in pericolo dalla normativa NATO e dai negoziati con la Germania Ovest <729.
[NOTE]
727 Hunt L., Secret Agenda: The United States Government, Nazi Scientists, and Project Paperclip, 1945 to 1990, St. Martin’s Press – Thomas Dunne Books, New York, 1991, pag. 182
728 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pag. 376
729 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd81b993294098d5161a0, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 20 febbraio 1952
Luca Mershed, L’Operazione Odessa e la diffusione del nazismo in Argentina e nelle Americhe, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Anno Accademico 2018-2019

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L’amministrazione Kennedy aveva quindi permesso all’Italia di spostarsi a sinistra

Il 26 marzo 1959 il governo italiano aveva firmato l’accordo definitivo con gli Stati Uniti per i missili “Jupiter”, che vennero schierati presso Gioa del Colle, in Puglia <17.
Il legame con gli USA e la Nato si strinse sempre di più quando, il 19 maggio successivo, l’Italia entrò a far parte del “Coordination and Planning Committee” (CPC) <18, partecipando per la prima volta ad una sua riunione. L’organismo era previsto in funzione del secondo istituto, l’“Allied Clandestine Committee” (ACC), che coordinava direttamente le azioni delle reti Stay Behind europee. Tuttavia, la situazione interna italiana si scaldò quando, nel giugno-luglio del 1960, il governo monocolore guidato dal democristiano Fernando Tambroni subì una grossa crisi. In quel periodo, il Movimento Sociale Italiano (MSI) decise di tenere il suo congresso nazionale a Genova, città medaglia d’oro per la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale <19. Il congresso avrebbe dovuto cominciare il 2 luglio al teatro Santa Margherita, a poca distanza dal sacrario dei caduti partigiani, ed essere presieduto da Carlo Emanuele Basile, ex prefetto del capoluogo ligure durante la RSI e responsabile di arresti e torture di partigiani <20. Le manifestazioni che seguirono presero subito di mira il governo, dato che la costituzione di quest’ultimo nel marzo precedente era riuscita anche grazie all’MSI. La protesta cominciò a Genova e poi si diffuse in gran parte d’Italia. L’irrigidimento delle direttive riguardanti l’ordine pubblico causò una dura contrapposizione di piazza. Il 30 giugno a Genova un corteo antifascista venne attaccato dalla polizia con bombe lacrimogene. Alla fine di una lunga giornata di scontri, 83 manifestanti rimasero feriti. Nei giorni successivi un’altra manifestazione antifascista venne repressa dalla polizia a Roma, anche qui con diversi scontri tra manifestanti e forze dell’ordine <21.
Ma gli incidenti più gravi accaddero il 7 luglio a Reggio Emilia, dove 5 manifestanti vennero uccisi dalla polizia. Il Primo Ministro Tambroni, visto il dissenso dei suoi stessi compagni di partito alla sua invana richiesta di aiuto, rassegnò le dimissioni il 19 luglio 1960. Il 26 luglio successivo si formerà un altro governo monocolore DC, ma questa volta appoggiato da PRI, PLI e PSDI <22.
Si ebbe infatti una svolta della politica italiana. Gli esponenti democristiani e dei partiti liberali si orientarono – chi più, chi meno – verso una possibile apertura per la partecipazione all’esecutivo del Partito Socialista Italiano. Dopotutto il PSI, già a metà degli anni ‘50, aveva preso le distanze dal PCI, assumendo posizioni molto più moderate <23.
Nel 1962, con la nazionalizzazione dell’energia elettrica e la costituzione dell’ “Ente Nazionale per l’Energia Elettrica” (ENEL) si aprì la cosiddetta fase del centro-sinistra <24.
Nonostante l’apertura a sinistra, la DC, il SIFAR e anche gli Stati Uniti notarono come il PCI era indirettamente riuscito a far cadere un governo utilizzando il solo potere della “piazza”, durante la crisi Tambroni. Come scrive Giannuli ne “La strategia della tensione”, le gerarchie militari erano convinte che il Partito Comunista fosse vicino all’“ora X”. L’esercito temeva che la DC stesse diventando inefficiente e cominciarono a diffidarne. È da notare infatti che in quegli anni viene formato il nucleo genovese di Gladio <25.
Passando al contesto internazionale, da quando John Fitzgerald Kennedy era diventato presidente nel 1961 non si era mai dimostrato un interlocutore arrendevole in favore dell’URSS: ne erano esempi il suo famoso discorso “Ich bin ein Berliner” quando fu eretto il muro di Berlino, e con la crisi dei missili di Cuba, minacciando di iniziare un conflitto armato <26. La politica liberal e progressista di JFK si era però contrapposta al prudente conservatorismo dell’era Eisenhower, basando la lotta con l’Unione Sovietica sulla diffusione del benessere e della libertà, soprattutto con un controllo e riduzione degli armamenti nucleari <27. Nel particolare caso dell’Italia, la politica americana di Kennedy cambiò i rapporti tra i due paesi, dato che il presidente USA simpatizzava per i socialisti italiani. Tuttavia, le simpatie di JFK trovarono un’ostinata resistenza all’interno della sua stessa amministrazione, più precisamente il dipartimento di Stato e la CIA. Il Segretario di Stato Dean Rusk fece infatti notare al presidente: “L’esponente socialista Riccardo Lombardi sostiene pubblicamente il riconoscimento della Cina comunista, il ritiro delle basi americane dall’Italia e la lotta al capitalismo e all’imperialismo. Sarebbe questo il partito con cui il governo USA dovrebbe trattare?” <28. Anche i funzionari dell’ambasciata USA a Roma erano preoccupati. L’agente CIA Vernon Walters dichiarerà in futuro che, se Kennedy avesse permesso ai socialisti italiani di vincere le prossime elezioni del 1963, gli Stati Uniti “avrebbero dovuto invadere il paese” <29.
Si venne quindi a creare l’assurda situazione nella quale il presidente americano si trovava in disaccordo con il suo Segretario di Stato e con la CIA. Alle elezioni politiche del 28 aprile 1963 il PCI era l’unico partito ad aver guadagnato consensi. Tornata nera invece per la Democrazia Cristiana, che scese al 38% dei voti. Il peggior risultato di sempre. Il 25% dei voti comunisti e il 14% di quelli socialisti, se uniti, dimostravano il dominio della sinistra in Parlamento per la prima volta dalla nascita della Repubblica <30.
Si formò allora un governo, presieduto dall’esponente della sinistra democristiana Aldo Moro, che vedeva anche i socialisti ricoprire cariche ministeriali. Il Presidente Kennedy, soddisfatto dai risultati delle elezioni italiane, decise di compiere una visita a Roma. Il suo arrivo all’aeroporto fu festeggiato da migliaia di persone. Il leader del PSI, Pietro Nenni, dichiarò in relazione al presidente americano: “È un uomo meraviglioso; sembra molto più giovane della sua età. Mi ha invitato a visitare gli Stati Uniti” <31.
L’amministrazione Kennedy aveva quindi permesso all’Italia di spostarsi a sinistra. Anche le solide resistenze del dipartimento di Stato iniziarono via via ad ammorbidirsi. L’ambasciata USA avviò nella capitale italiana una campagna di contatti con le maggiori personalità esponenti del socialismo per scambi di opinione, come si è visto anche invitandoli a Washington. Tra questi, comincerà a farsi strada un giovane assessore socialista di Milano, della nuova giunta di centro-sinistra: Bettino Craxi <32. Ciò che gli americani più apprezzavano dei socialisti italiani era proprio il loro distacco ideologico dal PCI, che li rendeva appunto più moderati. La pianificazione militare e quella per la pubblica sicurezza furono riviste dal nuovo governo. Il Consiglio Atlantico aveva giudicato “positivo e soddisfacente” il nuovo dispositivo italiano. In una sua visita negli Stati Uniti, il Ministro della Difesa Giulio Andreotti chiese al suo omologo americano, Robert McNamara, sostentamenti e materiali per le forze armate italiane <33. Il rafforzamento delle pianificazioni non riguardava solo quelle dell’Italia. Cresceva nelle sfere militari occidentali la preoccupazione per una nuova forma di guerra, definita “rivoluzionaria”, se l’URSS avesse continuato a sostenere le agitazioni politiche interne ai paesi Nato.
[NOTE]
17 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 264.
18 Senato della Repubblica, Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, Relazione d’inchiesta condotta sulle vicende connesse all’operazione Gladio, 1992, p. 20.
19 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 274.
20 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 91.
21 Idem, p. 91.
22 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 92.
23 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 320-321.
24 Idem, p. 321.
25 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 93.
26 Idem, p. 97.
27 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 283.
28 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 87.
29 Idem, p. 88.
30 Idem, p. 88.
31 Idem, p. 88.
32 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 284.
33 Idem, p. 285.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024

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Il fratello aveva già stabilito i primi contatti con l’intelligence statunitense

Con l’arrivo al potere di Hitler nel gennaio 1933, la cosiddetta Machtübernahme – termine che ormai gli storici preferiscono usare al posto di Machtergreifung, per sottolineare la nomina di Hitler a Cancelliere in modo non violento, secondo modalità democratico-parlamentari -, molte cose sarebbero cambiate, non solo per la Germania ma anche per l’Italia. Seguì infatti un rapido avvicinamento tra Hitler e Mussolini, il loro intervento congiunto a sostegno di Francisco Franco nella guerra civile spagnola e il generale consolidamento dell’alleanza tra i due paesi, dimostrato poi anche dall’importante ruolo giocato da Mussolini durante la Conferenza di Monaco del ’38 <74. Nello stesso anno, a maggio, si era svolta la visita di Stato del dittatore tedesco in Italia, che avrebbe consolidato ulteriormente l’alleanza italo-tedesca. Insomma, gli anni Trenta videro il primo decennio fascista chiudersi e il secondo aprirsi, con una serie di apparenti successi italiani: la vittoria in Libia, la conquista dell’Etiopia e la ritrovata alleanza con la Germania contribuivano a rafforzare l’immagine di leader forte a cui Mussolini aveva da sempre ambito. Tuttavia quegli stessi eventi, d’altro canto, sarebbero anche stati l’inizio di una serie di tragedie che avrebbero, da lì a breve, colpito la penisola e l’Europa intera sotto forma della guerra e di tutte le sue terribili conseguenze. Dopo l’avvento delle leggi razziali del ’38 in Italia, le comunità ebree e zingare si sarebbero trovate di fronte a una macchina statale potente e brutale, che agiva attraverso organi come la famigerata OVRA (Organizzazione di Vigilanza e Repressione dell’Antifascismo). Insomma, la graduale escalation di un antisemitismo incoraggiato e sostenuto dallo stesso stato, dapprima visibile in Germania a partire dal ’33, infine avrebbe anche raggiunto l’Italia.
Nazista convinto o semplice opportunista? L’iscrizione alla NSDAP
Nel 1933 Johannes Gehlen si trovava in una situazione particolare. Era un cittadino tedesco residente in Italia fin dalla nascita, cresciuto da una coppia di medici ebrei. Anche se il suo rapporto con i Baum era quello di figlio adottivo e non biologico e la coppia non sembra essere stata sul piano religioso praticante – considerando che aveva acconsentito al battesimo del figlio adottivo – è comunque legittimo ipotizzare per Johannes una certa sensibilità nei confronti della “questione ebraica” e dell’antisemitismo dilagante in quegli anni. È certamente difficile ricostruire i suoi atteggiamenti e le sue posizioni nei confronti del fascismo e del nazionalsocialismo e dei rispettivi regimi e pertanto a tal riguardo si possono formulare solo ipotesi. Nel 2002 la figlia di Johannes dichiarò che a casa del padre «non si parlava mai di nazismo» e che la famiglia era «profondamente democratica» <75. Tuttavia nel ’34, a tre anni dal conseguimento del titolo di dottore in Scienze economiche, come già accennato, Johannes si sarebbe iscritto al Partito nazionalsocialista. Come si evince da un curriculum del 1959, tale iscrizione sarebbe avvenuta «nell’ambito dell’inquadramento nel Partito di tutti i tedeschi residenti all’estero» <76. Ciò che emergerebbe dal suddetto documento del ’59 è che quindi, a un solo anno dalla nomina di Hitler a cancelliere, la Germania nazista avrebbe disposto l’obbligo, valido per tutti i cittadini residenti al di fuori dei confini del Terzo Reich, di iscriversi alla NSDAP. Tuttavia non si trova nessuna prova che un simile obbligo sia mai esistito. Anzi, se si considera che nel 1933 solo il Volksbund für das Deutschtum im Ausland (istituzione culturale a sostegno dei cittadini tedeschi residenti all’estero) contò ben due milioni di membri in tutto il mondo <77, l’impresa di un’iscrizione “coatta” di un simile numero di persone nella NSDAP risulterebbe quasi impossibile. Si ricordi, a tal proposito, che nemmeno a chi faceva richiesta di diventare membro delle SS era richiesto l’iscrizione al partito <78; dunque come poteva essere obbligatoria per un cittadino tedesco residente all’estero?
Si può ipotizzare, quindi, che con la succitata affermazione si sarebbe trattato, da parte di Johannes, di un tentativo di trovare una giustificazione per la sua iscrizione al partito attraverso una presunta misura costrittiva, atteggiamento comune e diffusissimo nella Germania del secondo dopoguerra. Rimane quindi impossibile stabilire, in base ai documenti da me analizzati, quale sia stata, per il futuro capo dell’ODEUM Roma, la vera ragione per affiliarsi alla NSDAP un anno dopo l’instaurarsi del regime hitleriano. I motivi potrebbero essere stati di natura meramente pragmatica e pratica: infatti, da lì a poco, come già anticipato, il primogenito dei Gehlen avrebbe fatto la scelta di lasciare per la prima volta per un periodo più lungo Roma, dopo il periodo scolastico trascorso all’estero, e di trasferirsi in Germania per continuare la propria carriera accademica.
Nel frattempo, accanto ai progetti accademici e lavorativi, anche la vita privata di Johannes iniziò a cambiare. Il 18 maggio 1933 sposò la cittadina svedese Agda Torborg Paulson a Roma con rito civile <79. Agda aveva sette anni meno del marito ed era originaria della città di Norrköping in Svezia centro-orientale. È degno di nota che gli unici membri della famiglia Gehlen ad essere presenti in occasione del matrimonio del 18 maggio del ’33 presso il municipio di Roma furono Reinhard e la moglie <80. La madre dei fratelli, Katharina, era morta nel ’23, mentre Walther Gehlen e i restanti due figli, per ragioni sconosciute, decisero di non prendere parte al matrimonio di Johannes e Agda.
Johannes Gehlen nella Germania hitleriana: da Lipsia agli esperimenti nucleari di Heidelberg
Seguendo la sua grande passione per le scienze naturali, manifestatasi, come si è visto, già durante il liceo, nel ’35 Johannes si trasferì insieme alla moglie nella metropoli sassone di Lipsia e si iscrisse presso l’Università locale per studiare fisica, matematica e astronomia. A partire dal ’39, dopo la laurea, egli si sarebbe iscritto al corso di dottorato in Scienze naturali, sempre a Lipsia, che avrebbe concluso con successo nell’estate del ’42 <81. Sembra che Johannes abbia dimostrato, già prima del conseguimento del titolo di dottore di ricerca in Scienze naturali, il suo grande talento accademico. Infatti, tra il ’40 e il ’42, egli venne parallelamente impiegato dall’Università di Lipsia come assistente di due eminenti professori di fisica e matematica <82. È probabile che con tale impiego, unitamente al suo impegno di ricerca in generale, si possa spiegare l’esenzione di Johannes dalla leva militare. Nell’estate del 1942 la guerra era ormai cominciata da ben tre anni e mentre gran parte degli uomini tedeschi tra i 18 e i 50 anni era stata via via reclutata nella Wehrmacht, Johannes Gehlen, dopo un breve periodo di addestramento militare di base dal 2 agosto al 15 ottobre del ’38, sarebbe stato registrato come “indisponibile”, attraverso una Unabkömmlichstellung, ottenendo di fatto un’esenzione dal servizio militare, per via della sua ricerca presso l’Università di Lipsia e poi, come si vedrà, presso il Kaiser-Wilhelm-Institut di Heidelberg <83. Ciò è degno di nota se si considera l’andamento bellico a partire dal ’42, che avrebbe inaugurato la parabola discendente del Terzo Reich, comportando un disperato bisogno di soldati. Inoltre presso altri istituti coinvolti in ricerche per conto dello stato nazista, come quello di Riems, gli scienziati responsabili avrebbero non di rado dovuto lottare duramente per la Unabkömmlichstellung di impiegati e ricercatori <84. I compiti assegnati a Johannes durante gli anni 1939-1945 devono dunque essere stati reputati di grande importanza per il Reich. Ciò sarebbe stato dimostrato dallo stesso passaggio, effettuato da Johannes nel ’42, dall’Università di Lipsia al già menzionato Kaiser-Wilhelm-Institut (KWI) di Heidelberg, un prestigioso polo di ricerca allora guidato dal futuro premio Nobel e pioniere della fisica nucleare moderna Walther Bothe. A Heidelberg Johannes sarebbe diventato assistente di Wolfgang Gentner, a sua volta assistente e stretto collaboratore dello stesso Bothe, insieme al quale avrebbe lavorato «a un progetto del Ministero del Reich per lo sviluppo economico» <85.
A Heidelberg Johannes sarebbe stato attivamente coinvolto nella costruzione, supervisionata da Bothe, di un ciclotrone, inquadrabile nell’ambito delle ricerche per le armi nucleari per conto del ministero della Difesa del Reich <86. Tali ricerche, com’è ormai noto, avrebbero fatto leva anche sulla mano d’opera di prigionieri di guerra sovietici a partire dal ’43 <87. Nonostante nessun tipo di arma nucleare sia mai stato prodotto o testato dalla Germania nazista, i lavori di Bothe a Heidelberg, insieme a quelli di Werner Heisenberg del KWI di Berlino, avrebbero comunque contribuito alla successiva produzione della bomba atomica per mano degli Stati Uniti <88.
Soddisfatto del proprio lavoro e lodato dai suoi superiori per l’impegno presso l’istituto di Heidelberg, nel 1940 per Johannes sarebbe arrivato un ulteriore momento di soddisfazione e gioia. Nacque infatti la figlia Christina, l’unica della coppia, che avrebbe goduto del privilegio di una famiglia multilingue e multiculturale. Il padre avrebbe riservato a lei le stesse attenzioni che egli aveva a suo tempo ricevuto dai Baum, assicurandole un’eccellente educazione e, da adulta, un lavoro con lo “zio Reinhard” presso il BND <89.
Accanto al lavoro svolto per conto del KWI di Heidelberg, Johannes avrebbe anche accettato incarichi di traduzione. Avendo tenuto, per quattro semestri, un corso di Economia italiana presso la Scuola interpreti dell’Istituto superiore di commercio di Lipsia tra il ’41 e il ’42 <90, è probabile che fu grazie a questa sua attività che venne scelto come traduttore del testo “Che cosa vuole l’Italia?” di Virginio Gayda <91. Quest’ultimo, allora direttore del «Giornale d’Italia», «era ritenuto, con i suoi articoli di fondo, l’interprete più autorizzato del pensiero e delle idee di Mussolini» <92. Fascista convinto e celebre sostenitore delle teorie razziste, Gayda nel ’40 pubblicò il su citato volume “Che cosa vuole l’Italia?”, un tentativo di analisi delle politiche estere fasciste in tempi di guerra. Nel 1941 sarebbe uscita la versione tedesca con il titolo “Was will Italien?”, attraverso la traduzione appunto, come si legge sulla prima pagina, di «Dr. Johannes Gehlen» <93. Ciò confermerebbe quanto sottolineato da Christina Gehlen rispetto al padre, ovvero che egli sia stato un “all-round-man”, sempre alle prese con una serie d’impegni e con una grande capacità di multi-tasking.
Dopo quasi sei anni di conflitto armato, l’estate del ’45 e la pace tanto desiderata avrebbero comportato importanti cambiamenti per la Germania e per tutto il mondo. Per Johannes, nell’immediato, la fine della guerra significò la perdita del posto di lavoro, a causa di un sostanziale venir meno di fondi presso il KWI <94. Così il caos che avrebbe accompagnato il crollo dello stato nazista, l’occupazione del paese e le trattative per l’assetto postbellico del paese misero Johannes davanti a una prospettiva per niente rosea: nell’estate del ’45 egli si trovò con la moglie e la figlia di appena cinque anni nella Heidelberg occupata dalle truppe statunitensi, disoccupato e, come molti tedeschi, con grandi timori sul futuro. Il processo di denazificazione aveva preso il suo avvio e come iscritto al partito ed ex partecipe negli esperimenti sul ciclotrone è possibile ipotizzare che Johannes fosse particolarmente preoccupato del proprio futuro professionale come scienziato nella Germania postbellica. Quindi, a guerra appena finita, egli fece la scelta di portare al “sicuro” la famiglia, mandando la moglie Agda con la figlia in Svezia, dove sarebbero entrambe rimaste con alcuni parenti fino al ’47. Johannes, invece, non disponendo dei documenti necessari all’espatrio, rimase in Germania, costretto ad affrontare un futuro incerto tra le macerie dell’ex Reich nazista. La figlia Christina ricorda così le difficoltà vissute allora dal padre: «lui non poteva uscire, è rimasto lì e ha fatto la fame perché non c’era da mangiare. Tanta fame che è finito in ospedale, non si reggeva in piedi» <95.
Le incertezze di Johannes sarebbero durate ancora fino alla fine del ’45, quando finalmente sarebbe riuscito a contattare il fratello Reinhard. Quest’ultimo, all’epoca, aveva già stabilito i primi contatti con l’intelligence statunitense, con la proposta di ricostruire un nuovo servizio segreto tedesco postbellico; la nascita dell’Organisation Gehlen, di conseguenza, era vicina. Sentendosi in dovere di assistere il fratello, Reinhard mise in moto il gruppo di uomini che aveva radunato attorno a sé alla fine del conflitto. Nel ’46, come si vedrà, egli avrebbe infatti chiesto ad alcuni dei suoi collaboratori più fidati di “occuparsi” di Johannes <96. Così, nella primavera dello stesso anno, Reinhard sarebbe riuscito a far rientrare Johannes illegalmente a Roma <97. A quel punto, come si vedrà, era ormai stata presa una decisione che avrebbe ben presto radicalmente cambiato la vita di quest’ultimo. Infatti, tra l’estate del ’45 e i primi mesi del ’46, Reinhard avrebbe proposto al fratello maggiore un impiego all’interno della neonata Organisation Gehlen, e non uno qualunque: Johannes avrebbe dovuto dare vita alla prima “base estera” della rete d’intelligence tedesca nella capitale italiana, l’ODEUM Roma.
[NOTE]
74 Per i rapporti tra la Germania nazista e l’Italia fascista cfr. J. Petersen, Hitler, Mussolini: Die Entstehung der Achse Berlin-Rom 1933-1936, Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts in Rom, Band 43, Niemeyer, Tübingen 1973; C. Göschel, Mussolini e Hitler: Storia di una relazione pericolosa, Laterza, Roma-Bari 2019.
75 Verbale di informazioni rese da persona informata [Christina Gehlen] sui fatti redatto in forma riassuntiva, 15 aprile 2002, ACS, Raccolte speciali, Direttiva Renzi (2014), Ministero dell’Interno, proc.pen. 91/97, allegato 17 all’annotazione dell’Isp. Michele Cacioppo del 3.10.2001.
76 Gehlen Johannes (Giovanni), Lebenslauf, 22 febbraio 1959, BND-Archiv, P1_2160_03, doc. 003.
77 Auslandsdeutsche, Bundeszentrale für politische Bildung, URL: https://web.archive.org/web/20121029175531/http://www.bpb.de/nachschlagen/lexika/handwoerterbuch-politisches-system/40236/auslandsdeutsche?p=3 (sito visitato il 18 gennaio 2021).
78 Lo dimostra, fra le altre cose, il caso del maggiore delle SS Karl Hass, il cui ingresso nelle SS risale al ’33, mentre si sarebbe iscritto al NSDAP solo nel ’37. Net Project LOS ANGELES, CIC, 1949, FOIA CIA, NWCDA, Army CIC Nets in Eastern Europe, doc.1.
79 Estratto per riassunto dal registro degli Atti di matrimonio dell’anno 1933, Comune di Roma, 25 marzo 1957, BND-Archiv, P1_2160_01_OT, doc. 047
80 R.D. Müller, Reinhard Gehlen, cit.; Curriculum Vitae Reinhard Gehlen, 1950, FOIA CIA, NWCDA, Gehlen, Reinhard Vol. 1, doc. 0088.
81 Zeugnis zu Verleihung des Grades eines Doktors der Naturwissenschaften, Facoltà di Filosofia dell’Università di Lipsia, 24 agosto 1942, BND-Archiv, P1_2160_01_OT, doc. 041.
82 Lebenslauf, 29 marzo 1957, BND-Archiv, P1_2160_01_OT, doc. 018.
83 Ibidem.
84 Per il caso delle Riemser Anstalten cfr. J.U. Lichte, Die Forschung auf der Insel Riems von 1933 bis 1945 unter besonderer Berücksichtigung der NS-Zwangsarbeiter, tesi di dottorato, Facoltà di medicina dell’Università Ernst-Moritz-Arndt, Greifswald 2011, URL: https://epub.ub.uni-greifswald.de/frontdoor/deliver/index/docId/716/file/DissLichteJanUlrich.pdf (sito visitato il 22 gennaio 2021).
85 Zeugnis, Institut für Physik des Kaiser-Wilhelm-Instituts Heidelberg, 12 ottobre 1945, BND-Archiv, P1_2160_01_OT, doc. 045.
86 Ibidem.
87 Ein dunkles Kapitel: Wissenschaft in der NS-Diktatur, Universität Heidelberg, pp. 23-28, qui p. 26, URL: https://books.ub.uni-heidelberg.de/heibooks/reader/download/72/72-4-7141-1-10-20160715.pdf (sito visitato il 22 gennaio 2021).
88 Per storia ed evoluzione della bomba atomica, in particolarmente in ambito statunitense, cfr. B.C. Reed, The History and Science of the Manhattan Project, Springer, Berlin 2019.
89 Verbale di informazioni rese da persona informata [Christina Gehlen] sui fatti redatto in forma riassuntiva, 15 aprile 2002, ACS, Raccolte speciali, Direttiva Renzi (2014), Ministero dell’Interno, Procedimento Penale 91/97, allegato 17 all’annotazione dell’Isp. Michele Cacioppo del 3.10.2001.
90 Zeugnis, Dolmetscher-Institut der Handelshochschule Leipzig, 23 luglio 1943, BND-Archiv, P1_2160_01_OT, doc. 43.
91 V. Gayda, Che cosa vuole l’Italia?, Edizioni de Il Giornale d’Italia, Roma 1940.
92 P. Monelli, Roma 1943, Mondadori, Milano 1979, p. 323.
93 V. Gayda, Was will Italien?, Goten-Verlag H. Eisentraut, Leipzig 1941.
94 Zeugnis, Institut für Physik des Kaiser-Wilhelm-Instituts Heidelberg, 12 ottobre 1945, BND-Archiv, P1_2160_01_OT, doc. 045.
95 Trascrizione dell’intervista a Christina Gehlen, 8 ottobre 2019, non pubblicata; cfr. R.D. Müller, op.cit., p. 448.
96 Nota, BND, 20 gennaio 1958, BND-Archiv, P1_2160_02_OT, doc. 45.
97 E. Schmidt-Eenboom, T. Wegener Friis, C. Franceschini, Spionage unter Freunden, cit., p. 54; R.D. Müller, Reinhard Gehlen, cit., p. 26.
Sarah Anna-Maria Lias Ceide, ODEUM Roma. L’Organisation Gehlen in Italia agli inizi della guerra fredda (1946-1956), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, 2022

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La costituzione del gruppo dell’ODEUM Roma a partire dal ’47 non sarebbe stato un processo rapido, ma piuttosto graduale. A questo punto è interessante notare come il collegio gesuita Germanicum si leghi ad almeno due dei tre membri dell’ODEUM Roma, reclutati da Johannes nel biennio ’47-’48. Ciò vale, come si è visto, per l’appena delineato caso di Friede, ma anche per quello del secondo uomo del gruppo, Jean Henry Guignot Conte de Salbert. Guignot nacque nel 1901 a Belfort, una piccola città della Francia nord-orientale <172. Dopo un periodo di formazione presso la scuola militare di St. Cyr, il giovane soldato avrebbe fatto la prima esperienza pratica tra le file dell’esercito coloniale francese in Africa e Asia. La seconda guerra mondiale avrebbe poi visto Guignot arduo sostenitore e combattente del regime di Vichy, poi membro della Légion des volontaires français contre le bolchevisme (LVF) <173, fungendo soprattutto da specialista durante operazioni d’intelligence e di sabotaggio <174. Dopo la disfatta tedesca, Guignot fu condannato a morte per collaborazionismo, fato a cui sarebbe sfuggito emigrando in Italia insieme alla moglie Therese <175.
La prima notizia di un contatto, seppur indiretto, tra Guignot e Johannes risale al gennaio del ’48. Da un report indirizzato al fratello risulta che Johannes abbia conosciuto dapprima Therese Guignot, la quale gli era stata consigliata come maestra di lingua francese per la figlia Christina <176 e che gli avrebbe poi parlato del marito Jean Henry. Questi, secondo la moglie, dopo la condanna a morte e la fuga, avrebbe trovato un «impiego “giornalistico” grazie al suo caro amico tedesco del Germanicum, Friede» <177. I due uomini, come emerge dai vari report, erano quindi amici ancor prima dell’entrata in scena di Johannes nel ’47-’48 e si vedevano regolarmente in privato, almeno una volta a settimana <178. Guignot, come Friede, vantava ottimi rapporti con alcuni esponenti del clero cattolico, oltre a contatti con “vecchi compagni” dell’intelligence francese. Sembrava trattarsi, dal punto di vista informativo e strategico, di un candidato perfetto per la nascente rete d’intelligence di Johannes a Roma. Tuttavia, almeno inizialmente, l’ex fisico nucleare sembra aver voluto procedere con cautela, reclutando Guignot come mero informatore occasionale e ufficialmente per conto dello SMOM, mantenendolo dunque all’oscuro del reale “committente”, cioè l’Organisation Gehlen. Così il 13 febbraio del ’48 Johannes si esprimeva su Guignot e sul suo reclutamento in una lettera al fratello Reinhard:
“Ob der Graf [Guignot] mir glaubt, dass es sich […] um eine Gefälligkeit für den Orden handelt, lasse ich dahingestellt. Jedenfalls tat er so. […] Er scheint viele Beziehungen zu haben. Da ich ja “Dilettant” bin, weiss ich trotz meiner positiven Einstellung ihm gegenüber nicht viel mit ihm anzufangen […]. Lebhafte Intelligenz, Bildung und das Äussere des Offiziers und Edelmannes in französischer Fassung”. <179
Soli tre giorni dopo, un nuovo report sembrava indicare come, al contrario del caso Friede, questa volta fosse il reclutato – l’ex militare francese – a “corteggiare” disperatamente il reclutatore Johannes. Allegando due documenti redatti da Guignot, Johannes si mostrava sorpreso di fronte alla professionalità del suo nuovo conoscente, scrivendo al fratello: «Che entrambi [i report] siano giunti così velocemente (il secondo report senza averlo nemmeno richiesto) mi stupisce» <180. Inoltre, secondo l’ex fisico nucleare, la “copertura” dello SMOM nel rapporto con Guignot non avrebbe potuto reggere ancora a lungo, in quanto quest’ultimo sarebbe «troppo intelligente per crederci del tutto» <181. I giudizi di Johannes nei confronti di Guignot nei primi mesi del ’48 appaiono piuttosto contrastanti. Da una parte tendevano a esaltare ripetutamente le qualità positive dell’ex militare francese, dall’altra emergevano regolarmente forti dubbi sul conto di quest’ultimo. Così, ad esempio, il report del 16 febbraio non accennava solamente ad una discussione di Johannes con la moglie Agda riguardo Guignot, ma anche alla concreta intenzione dell’ex fisico nucleare di prendere le distanze dall’ex ufficiale francese <182. Col passare dei mesi, tuttavia, sarebbe diventato chiaro che un simile allontanamento non avrebbe mai avuto luogo: il 3 aprile del ’48 Johannes annunciava a Reinhard l’arrivo di un report a firma di Guignot sull’Ordine dei Gesuiti <183, mentre successivamente l’ex fisico nucleare sembrava essere addirittura intervenuto a favore del suo informatore francese presso le autorità italiane. Infatti, il 26 aprile Johannes scriveva al fratello Reinhard che le indagini sul conto di Guignot per collaborazionismo in territorio italiano «sono state fermate grazie al mio intervento indiretto» <184. In cosa esattamente sia consistito tale “intervento indiretto” non emerge dalle carte.
A partire dal maggio del ’48, nonostante tutti i dubbi e le diverse perplessità espresse da Johannes sul conto dell’ex collaborazionista francese, il rapporto di lavoro tra i due sarebbe andato progressivamente intensificandosi e, anzi, non si sarebbe più allentato per molti anni a venire. Così, a partire dall’estate dello stesso 1948, Guignot venne formalmente assunto come agente dell’ODEUM Roma <185 – col nome di copertura “Franz” e il codice “S-1938” – con un lavoro di copertura, fornitogli da Johannes, come giornalista interessato alla storia dello SMOM. A tale scopo gli venne persino rilasciata una tessera dell’Ordine <186.
Accanto alle ambigue figure di Friede e Guignot, infine, l’ODEUM Roma di Johannes Gehlen poté contare anche su un terzo membro, il cui ruolo non è finora mai emerso dalle ricerche dedicate alla storia delle origini dell’Organisation Gehlen: Alix von Fransecky. Questa si sarebbe rivelata una collaboratrice importante e preziosa per la nascente rete di Johannes e per il futuro dell’ODEUM Roma.
[NOTE]
172 Lebenslauf Jean Henry Guignot, allegato di Rome Group, 8 maggio 1950, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 000181. Rispetto ai dati biografici di Guignot le carte di BND, CIA e dei servizi segreti italiani sono poco chiare e spesso contrastanti. Mentre nella maggioranza dei documenti e delle pubblicazioni ci si riferisce a Guignot come “Jean Alain Geoffroy D’Escos”, quest’ultimo nome viene indicato dai documenti del BND come nome di copertura. La stessa cosa vale per data e luogo di nascita che Schmidt-Eenboom, Franceschini e Wegener Friis, sulla base di documenti dei servizi segreti italiani, collocano il giorno 30 aprile 1901 a Hanoi, Vietnam. Cfr E. Schmidt-Eenboom, T. Wegener Friis, C. Franceschini, Spionage unter Freunden, cit., p. 67.
173 La Légion des volontaires français contre le bolchevisme nacque nel 1941 in concomitanza con l’occupazione tedesca della Francia. I membri della Legione, reclutati su base volontaria, avrebbero combattuto soprattutto in Bielorussia sotto il comando della Wehrmacht. Per l’ultimo anno del conflitto, la Legione sarebbe diventata un corpo volontario delle SS, la Waffen-Grenadier-Brigade “Charlemagne”. I volontari del gruppo Charlemagne sono noti come ardui difensori dell’ideologia nazionalsocialista, avendo giocato un ruolo importante nella battaglia di Berlino del ’45, poco antecedente alla resa incondizionata del Terzo Reich. Per approfondimenti sulla Légion des volontaires français contre le bolchevisme cfr. O.A. Davey, The Origins of the Legion des Volontaires Francias contre le Bolchevisme, in «Journal of Contemporary History», 6/4, 1971, pp. 29-45; K.I. Kozak, Franzosen in den Verbänden der Wehrmacht, in W. Kaiser (a cura di), Täter im Vernichtungskrieg. Der Überfall auf die Sowjetunion und der Völkermord an den Juden, Propyläen, Berlin 2002. Sul ruolo dei volontari francesi nelle SS cfr. R. Forbes, For Europe. The French Volunteers of the Waffen-SS, Helion, Solihull 2016; J. Mabire, Berlin im Todeskampf 1945. Französische Freiwillige der Waffen-SS als letzte Verteidiger der Reichskanzlei, Nebel Verlag, Utting 2001.
174 Lebenslauf Jean Henry Guignot, allegato di Rome Group, 8 maggio 1950, BND-Archiv, 220814_OT, doc. 000181.
175 Bericht N°7, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 14 gennaio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 142.
176 Ibidem.
177 Ibidem.
178 Bericht N°10, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 13 febbraio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 121.
179 Ibidem. “Non saprei dire, se il conte [Guignot] mi crede che si tratti […] di un servigio reso all’Ordine. Almeno ha fatto finta di crederci. […] Sembra avere molti contatti. Dato che sono un “dilettante”, non so bene cosa farmene di lui, nonostante abbia un’impressione positiva di lui. Intelligenza acuta, cultura e l’aspetto esteriore di un ufficiale e gentiluomo alla francese”.
180 Bericht N° 11, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 16 febbraio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 115.
181 Ibidem.
182 Ibidem.
183 Bericht N° 13, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 3 aprile 1948, BND-Archiv, 228015, doc. 106.
184 Bericht N° 16, Johannes Gehlen a Reinhard Gehlen, 26 aprile 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 099.
185 Eil-Nachrichten des 1933/S and 34,0, 23 luglio 1948, BND-Archiv, 220815, doc. 453.
Sarah Anna-Maria Lias Ceide, ODEUM Roma. L’Organisation Gehlen in Italia agli inizi della guerra fredda (1946-1956), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, 2022

https://bigarella.wordpress.com/2024/11/08/da-vichy-a-roma-jean-henry-guignot/

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L’origine di Gladio è fatta risalire all’organizzazione O, la quale era originata da una formazione partigiana bianca, la Osoppo.
Nel primo dopoguerra, appena ebbe inizio la Guerra Fredda e divenne concreto il pericolo di un attacco degli eserciti del Patto di Varsavia, questa organizzazione fu inserita legalmente nelle Forze Armate italiane. Fu dotata di vertici militari e fatta confluire nelle strutture segrete della Nato.
La Stay Behind italiana era costituita da cinque unità di pronto impiego in regioni di particolare interesse strategico, denominate: “Stella Alpina” nel Friuli, “Stella Marina” nella zona di Trieste, “Rododendro” nel Trentino Alto Adige, “Azalea” nel Veneto e “Ginestra” nella zona dei laghi lombardi.
La struttura, alle dipendenze dell’Ufficio R del Sifar, era articolata in quaranta nuclei, dei quali sei informativi, dieci di sabotaggio, sei di propaganda, sei di evasione e fuga, dodici di guerriglia. Inoltre erano state costituite cinque unità di guerriglia di pronto impiego in regioni di particolare interesse.
Renzo Paternoster, Gladio: il grande segreto della Repubblica, Storia in Network, N. 153-154 luglio-agosto 2009

Orbene, la Osoppo, con tutto il rispetto per le donne e gli uomini che parteciparono alle attività resistenziali, non rappresenta affatto la Resistenza essendo diventata il simbolo di ciò che divenne dopo e di cosa ci aspettava nel Dopoguerra: ormai è consolidato in sede storica che essa fu “progenitrice di quella complessa struttura che va sotto il nome di Gladio (S/B)”.
L’idea di investire risorse nella Brigata Osoppo prese forma dopo le elezioni del 1948: furono un trionfo per la Democrazia Cristiana, ma quanto dovettero spendere gli Stati Uniti per evitare un esito favorevole alle sinistre? Tanti soldi, tante risorse per una operazione tra le più significative per tutte le altre azioni di ingerenza, tano che fece scuola, come avvenne per le elezioni del ’58 (lo disse nelle sue memorie l’inviato della Cia a Roma, Wiliam Colby). La Osoppo era stata sciolta nel ’45 ma venne ricostituita pochi mesi dopo: uomini e strutture, una rete già fatta, solo da rivitalizzare, ufficialmente per difendere i confini orientali da incursioni rosse.
Secondo la Relazione sull’organizzazione “O”, redatta dal V Comando militare territoriale il 14 dicembre 1954 già due mesi dopo la struttura poté contare su 2130 uomini e creare al suo interno un “servizio informazioni, con compiti informativi interni e d’oltre confine”. Ridenominata Volontari Difesa Confini Italiani VIII, l’organizzazione viene incaricata dal Comando della divisione Mantova di “preparare uno studio per l’impiego dei volontari nella protezione di opere, impianti e comunicazioni in caso di grave perturbazione dell’ordine pubblico”. Non fu una organizzazione di reduci o pensionati, la “O” rivestirà un ruolo fondamentale nelle strategie di mantenimento dell’ordine atlantico: il Dipartimento di Stato aveva sollevato subito dubbi sullo scioglimento della Osoppo, ma arrivarono le rassicurazioni dei nostri Servizi.
Con un appunto del 26 marzo 1958 dal titolo “Risposta ai quesiti del Servizio americano riguardanti il programma S/B“: “Il Servizio italiano ha sempre considerato che sarebbe stato un errore lasciare cadere nel nulla tali idealità e propositi [degli aderenti alla ‘O’] (che sarebbero altrimenti andati delusi e perduti) e, perciò, quando a fine 1956 lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva lo scioglimento della ‘Osoppo’, il Servizio italiano prendeva a suo carico l’organizzazione e ne decideva la conservazione e la ricostituzione. Le nuove basi per la ricostituzione dell’organizzazione datano dal 10 ottobre 1957, quando esse venivano così precisate: denominazione: Stella Alpina; compiti: in tempo di pace: controllo e neutralizzazione dell’attività slavo-comunista; in caso di conflitto e o insurrezione interna: antiguerriglia e antisabotaggio […]”.
Fu così che venne avviata la più grande organizzazione di ingerenza negli affari dei Paesi europei, gli eserciti della Stay Behind, protagonisti del capitolo più cruento della nostra storia repubblicana, lo stragismo.
Stefania Limiti, 25 aprile, la Osoppo fu “progenitrice di Gladio”: la vera storia della brigata citata da Meloni, Il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2023

Del tenente Giacchelli (del SIM) abbiamo letto nel rapporto sull’arresto di Cocchiara; avevamo invece incontrato Felice Spina tra gli arrestati a Trieste dopo l’omicidio Hlača.
Cocchiara aveva segnalato un «sergente maggiore Spina della CRI <88» che avrebbe organizzato a Trieste le «squadre d’azione italiane», mentre un altro rapporto dei servizi britannici, datato luglio 1947, che si basa su «una fonte italiana attendibile» scrive di uno Spina «comandante del Terzo corpo volontari della libertà (3CVL) nella Venezia Giulia».
Tale struttura (fondata nell’aprile 1946, secondo un appunto indirizzato al Prefetto Micali <89) disponeva di diecimila persone di cui «solo» cinquemila armati; era composto dalla Divisione Osoppo, la Divisione Julia ed il Gruppo Aspro <90, ai quali andava aggiunta una Formazione mista, composta da un migliaio di uomini descritti come «ex fascisti moderati e neofascisti», che non sarebbero stati armati.
A Trieste la direzione del Terzo CVL era nelle mani dell’Associazione perseguitati politici ed esiliati giuliani, da poco fondata, con sede a Udine e presieduta da Del Din. E sarebbe stata la sede di Udine ad istruire ed allestire a Trieste un gruppo di trecento uomini da addestrare alla guida delle squadre d’azione: tale organizzazione era affidata a certo «Monaco alias Carlo».
Nella stessa informativa del Foreign office del 24/7/47 leggiamo anche che «Spina si è incontrato con il colonnello Zitelli (SIM)», che ha promesso di inviare «armi, munizioni e finanziamenti al 3CVL» e che «Zitelli si è poi detto d’accordo nel fare tutto il possibile per coordinare gli analoghi gruppi operanti nell’Italia meridionale con quelli attivi nel settentrione». Spina sarebbe stato del parere di aprire il movimento filoitaliano agli alleati; Zitelli era d’accordo e fu perciò nominato rappresentante ufficiale del Terzo CVL presso il SIM a Roma. Si decise che la sede del comando unificato delle organizzazioni della destra fosse fissata a Udine in quanto era la città più vicina «all’area critica in questione» (cioè il TLT [Territorio Libero di Trieste]). Il rapporto conclude dicendo che «negli ultimi mesi i rappresentanti del movimento neofascista hanno chiesto l’appoggio del 3CVL per una nuova marcia su Roma. Ma tale progetto è considerato dannoso per gli obiettivi del movimento stesso». Secondo tale informativa, inoltre, il controllo del Terzo CVL dipendeva dal Ministero della guerra per le questioni militari e dal Ministero dell’interno per le questioni amministrative ed i rifornimenti, mentre il SIM nel periodo aveva smesso di fornire supporto attivo perché era tenuto d’occhio dai partiti della sinistra che ne volevano chiedere lo scioglimento. Sia il sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio Cappa, sia il generale Montezemolo avevano garantito il loro sostegno al Terzo CVL al colonnello Olivieri, che si era recato a Roma per trattare i rifornimenti di armi e fondi con il colonnello Zitelli, e per ottenere una più stretta collaborazione con i Carabinieri <91.
In giugno inoltre era giunto in Italia Charles Poletti (ex comandante del GMA a Napoli, Roma e Milano), aveva incontrato l’ex ministro Stefano Jacini a Roma e promesso aiuti e finanziamenti per l’organizzazione dei movimenti di destra in Italia fino a Udine ma non per il TLT <92.
Vediamo ora come Renzo di Ragogna spiegò al magistrato il proprio ruolo all’interno delle Squadre armate operanti al confine orientale tra il 1945 ed il 1954 <93. Di Ragogna spiega innanzitutto che i Gruppi di Autodifesa triestini erano gestiti dal maggiore Gallino (della Osoppo) <94 e dal colonnello Del Din, e comprendevano anche le Squadre di Organizzazione della difesa antijugoslava. Tali squadre sarebbero poi state inglobate dalla Gladio. Analoga attività veniva svolta dall’ufficiale Renzo Apollonio (che aveva militato nel SIM dal gennaio 1945 fino al 1946 con incarico nella Venezia Giulia <95): egli prestava servizio presso l’Ufficio stampa del gabinetto del Ministero della Guerra, ma si trattava di una copertura perché l’incarico reale era di «sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica italiana sul problema del TLT».
[NOTE]
88 Il Lavoratore denunciò (2/1/47) la presenza di elementi fascisti nella Croce rossa (“Nazionalismo e neofascismo…”, op. cit., p. 410).
89 Appunto d.d. 2/6/47, in SO 318/87, cit., p. 1795.
90 Tale gruppo sarebbe stato costituito da Spina dopo una serie di incontri con De Gasperi nel 1945 avuti per il tramite del democristiano Stefano Jacini che era stato ministro della guerra nel governo Parri; contava 1500 elementi inquadrati nella DC, ed avrebbe cambiato denominazione in Reggimento Istria alla fine del 1946.
91 Le citazioni del paragrafo sono tratte da N. Tranfaglia, op. cit., p. 207-210 («organizzazioni paramilitari della destra in Italia (n. 137) 24/7/47. Rapporto del Foreign Office inviato a Mr. Halford al Dipartimento servizi sicurezza, all’Mi5 e al Ford», Tna/Pro, Kv 3/266.
92 N. Tranfaglia, op. cit., p. 211 («il movimento della destra italiana; assistenza americana (n. 141) 11/8/47. Rapporto del Foreign Office inviato a Mr. Halford al Dipartimento servizi sicurezza, all’Mi5 e al Ford», Tna/Pro, Kv 3/266.
93 Il testo è tratto dalle testimonianze di Di Ragogna rese il 23/11/92 e 31/12/97 in SO 318/87, cit., p. 1858-1885.
94 Si tratta del dirigente osovano Corrado Gallino Ivo.
95 Apollonio fu poi generale di Corpo d’armata e nel 1976 nominato Presidente del Tribunale Supremo Militare; il suo nominativo compare nell’elenco degli iscritti alla Loggia P2 consegnato negli anni ’70 ai magistrati fiorentini da Gelli e Salvini e non nell’elenco dei piduisti sequestrato a Castiglion Fibocchi (cfr. S. Flamigni, “Trame atlantiche”, Kaos 1996, p. 450). Nella citata Sentenza Ordinanza si ricostruiscono anche i collegamenti di Apollonio con Specogna (p. 1407), ed il dottor Mastelloni aggiunge che «è incontrovertibile, almeno per quanto riguarda le date citate da Apollonio, che quest’ultimo fu chiamato dal Gelli a Roma nello stesso contesto in cui fu compiuto l’attentato al treno Italicus, il 4 agosto 1974, verosimilmente al fine del conseguimento di un alibi» (p. 1409-1410).
Claudia Cernigoi, Le violenze per l’italianità di Trieste, dossier n. 52 de “La Nuova Alabarda”, settembre 2009

Il Generale Cadorna in persona si impegnò a fornire l’armamento necessario alla “Organizzazione O”, che avrebbe puntato ad un organico di 10.000 unità44. A capo della struttura venne messo il Colonnello Luigi Olivieri, già noto attore nella lotta anticomunista per essere stato il cofondatore della formazione armata “Fratelli d’Italia”. Egli fu delegato a riarmare in segreto i “più fedeli osovani” e ordinarli in reparti per la difesa della popolazione di frontiera. Gli episodi di Porzus e dei “quaranta giorni” di Trieste dimostravano senza dubbio la pericolosità del nemico jugoslavo, anche dopo lo scisma dall’URSS del 1948.
Già nell’aprile del 1946, in una riunione segreta, vennero fissati i principali compiti che l’organizzazione avrebbe dovuto avere.
Tra di essi troviamo <45: -accendere, alimentare la fiamma della resistenza in tutto il Friuli e, possibilmente, nel Goriziano, contro le mire annessionistiche slave; -sviluppare l’organizzazione cercando di portare la forza possibilmente a 10.000 uomini, le armi, le munizioni, i mezzi finanziari sarebbero stati inviati per mezzo dell’ufficiale di collegamento con lo Stato Maggiore, il Tenente Colonnello Zitelli; -far fruire un certo numero di armi e munizioni a Pola, Trieste e Gorizia; -mantenere il massimo segreto e in qualsiasi evenienza non coinvolgere la responsabilità dell’esercito in quanto tutto veniva a svolgersi in regime armistiziale; -mantenere efficiente il servizio informazioni riferendo le notizie più importanti; -vigilare e difendere con elementi in posto il territorio ad Ovest della linea: Tarvisio, Predil, Sella Nevea, Monte Canin, Monte Matajur, Colovrat, torrente Judrio, Cormos, Medea, Belvedere; -tenere disponibili elementi di riserva con adeguati mezzi di trasporto da noleggiare per essere impiegati nelle zone di eventuali infiltrazioni avversarie in forze.
-256 ufficiali, -496 sottufficiali, -5.728 uomini di truppa. Tutti gli uomini impiegati erano alle dirette dipendenze del 5° Corpo d’Armata, guidato dal Generale Biglino. Come scriveva lo stesso Colonnello Olivieri: “L’organizzazione manteneva una buona efficienza sotto tutti gli aspetti; costituiva, anche in pace, un valido campanello di allarme ai confini della Patria e si prevedeva che in caso di mobilitazione […] poteva essere una sicura difesa contro le azioni di bande partigiane jugoslave e contro le azioni di sabotatori al soldo dello straniero e pervasi di false ideologie politiche” <47.
Il passaggio dal “Terzo Corpo Volontari della Libertà” all’ “Organizzazione O” non riguardava solo il cambio del nome, ma segnò la vera e propria nascita di un reparto paramilitare occulto dell’esercito italiano, che rispondeva allo Stato Maggiore. Tuttavia, la struttura Stay Behind verrà mobilitata ufficialmente solo una volta, precisamente il 16 ottobre 1953, quando Tito minacciò di invadere con le sue truppe il “Territorio Libero di Trieste” <48.
[NOTE]
45 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 125-126.
46 Idem, p. 130.
47 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991,
Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 131.
48 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024

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