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L’amministrazione Kennedy aveva quindi permesso all’Italia di spostarsi a sinistra

Il 26 marzo 1959 il governo italiano aveva firmato l’accordo definitivo con gli Stati Uniti per i missili “Jupiter”, che vennero schierati presso Gioa del Colle, in Puglia <17.
Il legame con gli USA e la Nato si strinse sempre di più quando, il 19 maggio successivo, l’Italia entrò a far parte del “Coordination and Planning Committee” (CPC) <18, partecipando per la prima volta ad una sua riunione. L’organismo era previsto in funzione del secondo istituto, l’“Allied Clandestine Committee” (ACC), che coordinava direttamente le azioni delle reti Stay Behind europee. Tuttavia, la situazione interna italiana si scaldò quando, nel giugno-luglio del 1960, il governo monocolore guidato dal democristiano Fernando Tambroni subì una grossa crisi. In quel periodo, il Movimento Sociale Italiano (MSI) decise di tenere il suo congresso nazionale a Genova, città medaglia d’oro per la Resistenza durante la Seconda guerra mondiale <19. Il congresso avrebbe dovuto cominciare il 2 luglio al teatro Santa Margherita, a poca distanza dal sacrario dei caduti partigiani, ed essere presieduto da Carlo Emanuele Basile, ex prefetto del capoluogo ligure durante la RSI e responsabile di arresti e torture di partigiani <20. Le manifestazioni che seguirono presero subito di mira il governo, dato che la costituzione di quest’ultimo nel marzo precedente era riuscita anche grazie all’MSI. La protesta cominciò a Genova e poi si diffuse in gran parte d’Italia. L’irrigidimento delle direttive riguardanti l’ordine pubblico causò una dura contrapposizione di piazza. Il 30 giugno a Genova un corteo antifascista venne attaccato dalla polizia con bombe lacrimogene. Alla fine di una lunga giornata di scontri, 83 manifestanti rimasero feriti. Nei giorni successivi un’altra manifestazione antifascista venne repressa dalla polizia a Roma, anche qui con diversi scontri tra manifestanti e forze dell’ordine <21.
Ma gli incidenti più gravi accaddero il 7 luglio a Reggio Emilia, dove 5 manifestanti vennero uccisi dalla polizia. Il Primo Ministro Tambroni, visto il dissenso dei suoi stessi compagni di partito alla sua invana richiesta di aiuto, rassegnò le dimissioni il 19 luglio 1960. Il 26 luglio successivo si formerà un altro governo monocolore DC, ma questa volta appoggiato da PRI, PLI e PSDI <22.
Si ebbe infatti una svolta della politica italiana. Gli esponenti democristiani e dei partiti liberali si orientarono – chi più, chi meno – verso una possibile apertura per la partecipazione all’esecutivo del Partito Socialista Italiano. Dopotutto il PSI, già a metà degli anni ‘50, aveva preso le distanze dal PCI, assumendo posizioni molto più moderate <23.
Nel 1962, con la nazionalizzazione dell’energia elettrica e la costituzione dell’ “Ente Nazionale per l’Energia Elettrica” (ENEL) si aprì la cosiddetta fase del centro-sinistra <24.
Nonostante l’apertura a sinistra, la DC, il SIFAR e anche gli Stati Uniti notarono come il PCI era indirettamente riuscito a far cadere un governo utilizzando il solo potere della “piazza”, durante la crisi Tambroni. Come scrive Giannuli ne “La strategia della tensione”, le gerarchie militari erano convinte che il Partito Comunista fosse vicino all’“ora X”. L’esercito temeva che la DC stesse diventando inefficiente e cominciarono a diffidarne. È da notare infatti che in quegli anni viene formato il nucleo genovese di Gladio <25.
Passando al contesto internazionale, da quando John Fitzgerald Kennedy era diventato presidente nel 1961 non si era mai dimostrato un interlocutore arrendevole in favore dell’URSS: ne erano esempi il suo famoso discorso “Ich bin ein Berliner” quando fu eretto il muro di Berlino, e con la crisi dei missili di Cuba, minacciando di iniziare un conflitto armato <26. La politica liberal e progressista di JFK si era però contrapposta al prudente conservatorismo dell’era Eisenhower, basando la lotta con l’Unione Sovietica sulla diffusione del benessere e della libertà, soprattutto con un controllo e riduzione degli armamenti nucleari <27. Nel particolare caso dell’Italia, la politica americana di Kennedy cambiò i rapporti tra i due paesi, dato che il presidente USA simpatizzava per i socialisti italiani. Tuttavia, le simpatie di JFK trovarono un’ostinata resistenza all’interno della sua stessa amministrazione, più precisamente il dipartimento di Stato e la CIA. Il Segretario di Stato Dean Rusk fece infatti notare al presidente: “L’esponente socialista Riccardo Lombardi sostiene pubblicamente il riconoscimento della Cina comunista, il ritiro delle basi americane dall’Italia e la lotta al capitalismo e all’imperialismo. Sarebbe questo il partito con cui il governo USA dovrebbe trattare?” <28. Anche i funzionari dell’ambasciata USA a Roma erano preoccupati. L’agente CIA Vernon Walters dichiarerà in futuro che, se Kennedy avesse permesso ai socialisti italiani di vincere le prossime elezioni del 1963, gli Stati Uniti “avrebbero dovuto invadere il paese” <29.
Si venne quindi a creare l’assurda situazione nella quale il presidente americano si trovava in disaccordo con il suo Segretario di Stato e con la CIA. Alle elezioni politiche del 28 aprile 1963 il PCI era l’unico partito ad aver guadagnato consensi. Tornata nera invece per la Democrazia Cristiana, che scese al 38% dei voti. Il peggior risultato di sempre. Il 25% dei voti comunisti e il 14% di quelli socialisti, se uniti, dimostravano il dominio della sinistra in Parlamento per la prima volta dalla nascita della Repubblica <30.
Si formò allora un governo, presieduto dall’esponente della sinistra democristiana Aldo Moro, che vedeva anche i socialisti ricoprire cariche ministeriali. Il Presidente Kennedy, soddisfatto dai risultati delle elezioni italiane, decise di compiere una visita a Roma. Il suo arrivo all’aeroporto fu festeggiato da migliaia di persone. Il leader del PSI, Pietro Nenni, dichiarò in relazione al presidente americano: “È un uomo meraviglioso; sembra molto più giovane della sua età. Mi ha invitato a visitare gli Stati Uniti” <31.
L’amministrazione Kennedy aveva quindi permesso all’Italia di spostarsi a sinistra. Anche le solide resistenze del dipartimento di Stato iniziarono via via ad ammorbidirsi. L’ambasciata USA avviò nella capitale italiana una campagna di contatti con le maggiori personalità esponenti del socialismo per scambi di opinione, come si è visto anche invitandoli a Washington. Tra questi, comincerà a farsi strada un giovane assessore socialista di Milano, della nuova giunta di centro-sinistra: Bettino Craxi <32. Ciò che gli americani più apprezzavano dei socialisti italiani era proprio il loro distacco ideologico dal PCI, che li rendeva appunto più moderati. La pianificazione militare e quella per la pubblica sicurezza furono riviste dal nuovo governo. Il Consiglio Atlantico aveva giudicato “positivo e soddisfacente” il nuovo dispositivo italiano. In una sua visita negli Stati Uniti, il Ministro della Difesa Giulio Andreotti chiese al suo omologo americano, Robert McNamara, sostentamenti e materiali per le forze armate italiane <33. Il rafforzamento delle pianificazioni non riguardava solo quelle dell’Italia. Cresceva nelle sfere militari occidentali la preoccupazione per una nuova forma di guerra, definita “rivoluzionaria”, se l’URSS avesse continuato a sostenere le agitazioni politiche interne ai paesi Nato.
[NOTE]
17 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 264.
18 Senato della Repubblica, Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, Relazione d’inchiesta condotta sulle vicende connesse all’operazione Gladio, 1992, p. 20.
19 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 274.
20 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 91.
21 Idem, p. 91.
22 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 92.
23 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 320-321.
24 Idem, p. 321.
25 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 93.
26 Idem, p. 97.
27 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 283.
28 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 87.
29 Idem, p. 88.
30 Idem, p. 88.
31 Idem, p. 88.
32 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 284.
33 Idem, p. 285.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024

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Le sentenze per le stragi e l’“Affare P2”

A dieci anni da quella che venne definita la “madre” di tutte le stragi, quella di Piazza Fontana, la magistratura italiana aveva avviato tre istruttorie che sfociarono poi nel tanto seguito e pubblicizzato processo di Catanzaro. Il 23 febbraio 1979, Franco Freda, Giovanni Ventura, Marco Pozzan (tutti di Ordine Nuovo) e il giornalista Guido Giannettini vennero condannati in primo grado all’ergastolo per “strage”, mentre il Generale Gianadelio Maletti e il Capitano Antonio Labruna (ufficiali del SID) venivano condannati rispettivamente a 4 e 2 anni di reclusione per “favoreggiamento” nei confronti di Giannettini <1.
Il primissimo indiziato, l’anarchico Pietro Valpreda, già nel 1969 ritenuto il responsabile della strage da parte dei “frettolosi” inquirenti milanesi, veniva assolto dall’accusa stragista e condannato a 4 anni per reati minori. Tuttavia, in secondo grado gli accusati di “strage” vennero assolti (“formula dubitativa”), Freda e Ventura furono condannati a 15 anni di carcere per “associazione sovversiva continuata”, mentre l’Agente Z, Guido Giannettini, venne definitivamente assolto in Cassazione. Maletti e Labruna ebbero una riduzione della pena. Nella quarta istruttoria su Piazza Fontana, promossa dal Pubblico Ministero Emilio Ledonne nel 1981, vennero accusati di “strage” Stefano Delle Chiaie (Avanguardia Nazionale) e Massimiliano Fachini (Ordine Nuovo), successivamente assolti con formula piena. Nel 1988, la quinta istruttoria, risultato della confluenza di quattro distinti procedimenti, unificati dal Giudice Istruttore Guido Salvini, vedrà la condanna per “strage” nei confronti di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni (tutti esponenti di Ordine Nuovo). Ma ancora una volta saranno tutti assolti, nel 2004. La Cassazione confermerà la sentenza di assoluzione l’anno successivo <2.
Per la strage alla Questura di Milano del 1973 verrà condannato Gianfranco Bertoli, come esecutore materiale del fatto, nel 1975. Si dichiarava lui stesso un anarchico, tuttavia diversi anni dopo vennero resi noti i suoi legami con l’estrema destra <3. Infatti, nelle indagini milanesi del Dott. Salvini si arriverà ad accusare, tra gli altri, i già citati Carlo Maria Maggi e il Generale Gianadelio Maletti, il primo accusato di essere uno dei mandanti della strage e il secondo per il reato di “omissione di atti d’ufficio”.
Ma anche in questo caso tutti gli accusati saranno assolti nel 2004. Lo Stato Maggiore dell’esercito riconosceva la matrice “ordinovista” della strage, ciononostante non riteneva sufficienti le prove a carico di Maggi <4.
La strage di Brescia (Piazza della Loggia) del 1974 vide un ancor più tortuoso iter giudiziario, con tre istruttorie. L’ultima di queste, nel 1997, sembrava addebitare la responsabilità del fatto ai già indiziati per Piazza Fontana Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, che verranno comunque assolti nel 2012 <5.
Per la strage del treno Italicus, nel 1983 venivano accusati i neofascisti Mario Tuti e Luciano Franci, le cui condanne vennero annullate nel 1987 e nel 1991 la Cassazione decise la loro assoluzione per “insufficienza di prove” <6.
La strage alla stazione di Bologna del 1980, la più devastante nella stagione della strategia della tensione, sembra forse una delle poche stragi alle quali lo Stato, dal punto di vista giudiziario, sia riuscito a dare un nome concreto dei responsabili. Nel 2007 vennero condannati definitivamente Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, tutti ex appartenenti al movimento di estrema destra denominato “Nuclei Armati Rivoluzionari” (NAR) <7.
Per la “strage di Natale” del 1984, consumatasi sul treno rapido 904 Napoli-Milano, vennero condannati con sentenza definitiva l’esponente mafioso siciliano Pippo Calò e un nucleo di malavitosi romani. Alle numerose stragi vanno aggiunti i procedimenti giudiziari per i 3 tentativi di colpo di Stato che scossero la Prima Repubblica: il “Golpe Borghese”, la congiura della “Rosa dei Venti” e il “Golpe bianco” di Edgardo Sogno. Come visto, le istruttorie furono sottratte alle rispettive Procure per far confluire il tutto in una maxi-inchiesta nella capitale, che si concluse con un’assoluzione generalizzata per tutti e 3 i casi, con la sentenza del 1984 (“Il fatto non sussiste”), confermata dalla Cassazione nell’anno successivo. Come commentò in seguito il Giudice Salvini, era una sentenza che “mandava assolti anche i rei confessi” <8.
Nonostante i numerosi processi e rivelazioni, lo scandalo che scosse l’opinione pubblica fu quello successivo alla scoperta della Loggia Massonica “Propaganda Due” (P2), nel 1981. Il 17 marzo di quell’anno, durante un’indagine, dei giudici milanesi disposero una perquisizione a Villa Wanda, presso Castiglion Fibocchi (AR), la residenza del già citato Licio Gelli, il “Maestro venerabile” della P29 . Da lì vennero resi noti gli elenchi delle 962 persone iscritte alla loggia massonica; 179 di queste erano ufficiali militari (il 18,6% della loggia): 50 dell’Esercito, 32 dei Carabinieri, 29 della Marina Militare, 9 dell’Aeronautica Militare, 37 della Guardia di Finanza e 22 dirigenti della Polizia di Stato. Di questi, solo 50 erano ancora in servizio attivo <10. Tra gli iscritti civili figuravano invece 70 ricchi industriali, 10 presidenti di banche, 3 ministri in carica, 2 ex ministri, 38 parlamentari, 1 segretario di partito e 14 magistrati. Altri erano giornalisti, notai, sindaci e avvocati <11. Ma ciò che colpiva era la presenza nell’elenco di nomi, già citati in questo elaborato, come il Generale Gianadelio Maletti, il Capitano Antonio Labruna, il Generale Vito Miceli (ex direttore del SID), Edgardo Sogno (ideatore del “Golpe bianco”), il Prefetto Federico Umberto D’Amato (ex direttore dell’ “Ufficio Affari Riservati”). 20 degli appartenenti alla loggia massonica, tra cui lo stesso Gelli, erano implicati nel “Golpe Borghese” del 1970. Una delle rivelazioni durante la seconda inchiesta sui fatti della “notte dell’Immacolata”, nel 1974, fu quella riguardo ai “piduisti” che durante il colpo di Stato del Principe Borghese avrebbero dovuto rapire l’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat <12. Tra i congiurati iscritti vi erano il già noto Sandro Saccucci e il Generale Giovanni Torrisi (futuro Capo di Stato Maggiore della Difesa) <13.
Come visto in precedenza, la P2, sotto la direzione di Gelli, era divenuta un importante strumento a sostegno della lotta al comunismo, quindi gradito agli occhi statunitensi e della Nato. Licio Gelli, durante la Seconda guerra mondiale, era in collegamento prima con i servizi segreti italiani (l’allora SIM) soprattutto nella zona dei Balcani, e successivamente con quelli britannico e americano, mentre faceva il doppio gioco durante la Campagna d’Italia. Quindi non era certo un “neofita” del panorama. Nel dopoguerra si era creato una rete di conoscenze assai fitta, soprattutto agli alti livelli di governo in diversi paesi. Come rivelò lo stesso “Maestro venerabile” nel documentario della BBC Operation Gladio: “La P2 era un’associazione composta dai cervelli migliori di tutti i settori, sia dal servizio militare, sia dal campo culturale, sia dal campo imprenditoriale, sia nel campo dei burocrati e dei finanzieri. […] Noi facevamo delle relazioni e delle considerazioni, che si fornivano poi al Parlamento per poter migliorare la situazione” <14.
La strategia della loggia massonica si mise in moto già nel 1976, in piena campagna elettorale. Diversi testi, tra i quali lo “Schema di massima per un risanamento generale del paese” e il più noto “Piano di rinascita nazionale”, si concentravano sul trovare un’adeguata risposta al crescente attivismo rivoluzionario della sinistra, tramite un’azione decisa e tempestiva della Presidenza della Repubblica, avviando una svolta istituzionale <15. Il secondo dei due documenti illustrava una radicale strategia di infiltrazione dei partiti e di controllo sulla stampa, per battere definitivamente il PCI. Il problema principale rimaneva tuttavia condizionare e trasformare la DC, rafforzandola con un’operazione politico-economica che spaziasse dalle banche all’informazione, dai petroli alle contiguità mafiose. Questa veniva ritenuta l’unica soluzione possibile dopo la crisi del centrismo.
Riguardo ciò, in una successiva intervista al quotidiano “Il Tempo” nel 2011, Licio Gelli affermò: “All’epoca, se avessimo avuto quattro mesi di tempo ancora, saremmo riusciti ad attuarlo [il “Piano di rinascita nazionale”]. In quel momento avevamo in mano tutto: la Gladio, la P2 e […] un’altra organizzazione che ancora oggi non è apparsa ufficialmente” <16.
In un secondo momento verrà precisato che la terza organizzazione a cui si riferiva Gelli era probabilmente l’ “Anello” o “Noto Servizio”, organizzazione occulta ed eversiva, forse collegata ai “Nuclei di Difesa dello Stato” e alla Nato.
Dopo la scoperta della loggia massonica e degli elenchi dei suoi iscritti, il “Comitato amministrativo di inchiesta” pronunciò un verdetto, il 16 giugno 1981, con il quale la P2 configurava come un’“associazione segreta”, e quindi vietata ai sensi dell’articolo n° 18 della Costituzione.
Nel luglio 1983, in attuazione del verdetto sopracitato, la Loggia P2 fu sciolta <17. Il suo “Maestro venerabile”, Licio Gelli, fuggirà per un periodo in Sud America, per scampare alla cattura <18.
[NOTE]
1 Giannuli Aldo, Storia di Ordine nuovo, Milano, Mimesis, 2017, p. 207.
2 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 539.
3 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 189.
4 Giannuli Aldo, Storia di Ordine nuovo, Milano, Mimesis, 2017, p. 209.
5 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 537.
6 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 190.
7 Idem, p. 190.
8 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 538.
9 Idem, p. 534-535.
10 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 507.
11 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 91-92.
12 Rai DiXit, Il Golpe Borghese, 2011.
13 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 534.
14 BBC, Operation Gladio, 1992.
15 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 480-481.
16 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 355.
17 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 509.
18 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 92.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024

L’origine di Gladio è fatta risalire all’organizzazione O, la quale era originata da una formazione partigiana bianca, la Osoppo.
Nel primo dopoguerra, appena ebbe inizio la Guerra Fredda e divenne concreto il pericolo di un attacco degli eserciti del Patto di Varsavia, questa organizzazione fu inserita legalmente nelle Forze Armate italiane. Fu dotata di vertici militari e fatta confluire nelle strutture segrete della Nato.
La Stay Behind italiana era costituita da cinque unità di pronto impiego in regioni di particolare interesse strategico, denominate: “Stella Alpina” nel Friuli, “Stella Marina” nella zona di Trieste, “Rododendro” nel Trentino Alto Adige, “Azalea” nel Veneto e “Ginestra” nella zona dei laghi lombardi.
La struttura, alle dipendenze dell’Ufficio R del Sifar, era articolata in quaranta nuclei, dei quali sei informativi, dieci di sabotaggio, sei di propaganda, sei di evasione e fuga, dodici di guerriglia. Inoltre erano state costituite cinque unità di guerriglia di pronto impiego in regioni di particolare interesse.
Renzo Paternoster, Gladio: il grande segreto della Repubblica, Storia in Network, N. 153-154 luglio-agosto 2009

Orbene, la Osoppo, con tutto il rispetto per le donne e gli uomini che parteciparono alle attività resistenziali, non rappresenta affatto la Resistenza essendo diventata il simbolo di ciò che divenne dopo e di cosa ci aspettava nel Dopoguerra: ormai è consolidato in sede storica che essa fu “progenitrice di quella complessa struttura che va sotto il nome di Gladio (S/B)”.
L’idea di investire risorse nella Brigata Osoppo prese forma dopo le elezioni del 1948: furono un trionfo per la Democrazia Cristiana, ma quanto dovettero spendere gli Stati Uniti per evitare un esito favorevole alle sinistre? Tanti soldi, tante risorse per una operazione tra le più significative per tutte le altre azioni di ingerenza, tano che fece scuola, come avvenne per le elezioni del ’58 (lo disse nelle sue memorie l’inviato della Cia a Roma, Wiliam Colby). La Osoppo era stata sciolta nel ’45 ma venne ricostituita pochi mesi dopo: uomini e strutture, una rete già fatta, solo da rivitalizzare, ufficialmente per difendere i confini orientali da incursioni rosse.
Secondo la Relazione sull’organizzazione “O”, redatta dal V Comando militare territoriale il 14 dicembre 1954 già due mesi dopo la struttura poté contare su 2130 uomini e creare al suo interno un “servizio informazioni, con compiti informativi interni e d’oltre confine”. Ridenominata Volontari Difesa Confini Italiani VIII, l’organizzazione viene incaricata dal Comando della divisione Mantova di “preparare uno studio per l’impiego dei volontari nella protezione di opere, impianti e comunicazioni in caso di grave perturbazione dell’ordine pubblico”. Non fu una organizzazione di reduci o pensionati, la “O” rivestirà un ruolo fondamentale nelle strategie di mantenimento dell’ordine atlantico: il Dipartimento di Stato aveva sollevato subito dubbi sullo scioglimento della Osoppo, ma arrivarono le rassicurazioni dei nostri Servizi.
Con un appunto del 26 marzo 1958 dal titolo “Risposta ai quesiti del Servizio americano riguardanti il programma S/B“: “Il Servizio italiano ha sempre considerato che sarebbe stato un errore lasciare cadere nel nulla tali idealità e propositi [degli aderenti alla ‘O’] (che sarebbero altrimenti andati delusi e perduti) e, perciò, quando a fine 1956 lo Stato Maggiore dell’Esercito disponeva lo scioglimento della ‘Osoppo’, il Servizio italiano prendeva a suo carico l’organizzazione e ne decideva la conservazione e la ricostituzione. Le nuove basi per la ricostituzione dell’organizzazione datano dal 10 ottobre 1957, quando esse venivano così precisate: denominazione: Stella Alpina; compiti: in tempo di pace: controllo e neutralizzazione dell’attività slavo-comunista; in caso di conflitto e o insurrezione interna: antiguerriglia e antisabotaggio […]”.
Fu così che venne avviata la più grande organizzazione di ingerenza negli affari dei Paesi europei, gli eserciti della Stay Behind, protagonisti del capitolo più cruento della nostra storia repubblicana, lo stragismo.
Stefania Limiti, 25 aprile, la Osoppo fu “progenitrice di Gladio”: la vera storia della brigata citata da Meloni, Il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2023

Del tenente Giacchelli (del SIM) abbiamo letto nel rapporto sull’arresto di Cocchiara; avevamo invece incontrato Felice Spina tra gli arrestati a Trieste dopo l’omicidio Hlača.
Cocchiara aveva segnalato un «sergente maggiore Spina della CRI <88» che avrebbe organizzato a Trieste le «squadre d’azione italiane», mentre un altro rapporto dei servizi britannici, datato luglio 1947, che si basa su «una fonte italiana attendibile» scrive di uno Spina «comandante del Terzo corpo volontari della libertà (3CVL) nella Venezia Giulia».
Tale struttura (fondata nell’aprile 1946, secondo un appunto indirizzato al Prefetto Micali <89) disponeva di diecimila persone di cui «solo» cinquemila armati; era composto dalla Divisione Osoppo, la Divisione Julia ed il Gruppo Aspro <90, ai quali andava aggiunta una Formazione mista, composta da un migliaio di uomini descritti come «ex fascisti moderati e neofascisti», che non sarebbero stati armati.
A Trieste la direzione del Terzo CVL era nelle mani dell’Associazione perseguitati politici ed esiliati giuliani, da poco fondata, con sede a Udine e presieduta da Del Din. E sarebbe stata la sede di Udine ad istruire ed allestire a Trieste un gruppo di trecento uomini da addestrare alla guida delle squadre d’azione: tale organizzazione era affidata a certo «Monaco alias Carlo».
Nella stessa informativa del Foreign office del 24/7/47 leggiamo anche che «Spina si è incontrato con il colonnello Zitelli (SIM)», che ha promesso di inviare «armi, munizioni e finanziamenti al 3CVL» e che «Zitelli si è poi detto d’accordo nel fare tutto il possibile per coordinare gli analoghi gruppi operanti nell’Italia meridionale con quelli attivi nel settentrione». Spina sarebbe stato del parere di aprire il movimento filoitaliano agli alleati; Zitelli era d’accordo e fu perciò nominato rappresentante ufficiale del Terzo CVL presso il SIM a Roma. Si decise che la sede del comando unificato delle organizzazioni della destra fosse fissata a Udine in quanto era la città più vicina «all’area critica in questione» (cioè il TLT [Territorio Libero di Trieste]). Il rapporto conclude dicendo che «negli ultimi mesi i rappresentanti del movimento neofascista hanno chiesto l’appoggio del 3CVL per una nuova marcia su Roma. Ma tale progetto è considerato dannoso per gli obiettivi del movimento stesso». Secondo tale informativa, inoltre, il controllo del Terzo CVL dipendeva dal Ministero della guerra per le questioni militari e dal Ministero dell’interno per le questioni amministrative ed i rifornimenti, mentre il SIM nel periodo aveva smesso di fornire supporto attivo perché era tenuto d’occhio dai partiti della sinistra che ne volevano chiedere lo scioglimento. Sia il sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio Cappa, sia il generale Montezemolo avevano garantito il loro sostegno al Terzo CVL al colonnello Olivieri, che si era recato a Roma per trattare i rifornimenti di armi e fondi con il colonnello Zitelli, e per ottenere una più stretta collaborazione con i Carabinieri <91.
In giugno inoltre era giunto in Italia Charles Poletti (ex comandante del GMA a Napoli, Roma e Milano), aveva incontrato l’ex ministro Stefano Jacini a Roma e promesso aiuti e finanziamenti per l’organizzazione dei movimenti di destra in Italia fino a Udine ma non per il TLT <92.
Vediamo ora come Renzo di Ragogna spiegò al magistrato il proprio ruolo all’interno delle Squadre armate operanti al confine orientale tra il 1945 ed il 1954 <93. Di Ragogna spiega innanzitutto che i Gruppi di Autodifesa triestini erano gestiti dal maggiore Gallino (della Osoppo) <94 e dal colonnello Del Din, e comprendevano anche le Squadre di Organizzazione della difesa antijugoslava. Tali squadre sarebbero poi state inglobate dalla Gladio. Analoga attività veniva svolta dall’ufficiale Renzo Apollonio (che aveva militato nel SIM dal gennaio 1945 fino al 1946 con incarico nella Venezia Giulia <95): egli prestava servizio presso l’Ufficio stampa del gabinetto del Ministero della Guerra, ma si trattava di una copertura perché l’incarico reale era di «sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica italiana sul problema del TLT».
[NOTE]
88 Il Lavoratore denunciò (2/1/47) la presenza di elementi fascisti nella Croce rossa (“Nazionalismo e neofascismo…”, op. cit., p. 410).
89 Appunto d.d. 2/6/47, in SO 318/87, cit., p. 1795.
90 Tale gruppo sarebbe stato costituito da Spina dopo una serie di incontri con De Gasperi nel 1945 avuti per il tramite del democristiano Stefano Jacini che era stato ministro della guerra nel governo Parri; contava 1500 elementi inquadrati nella DC, ed avrebbe cambiato denominazione in Reggimento Istria alla fine del 1946.
91 Le citazioni del paragrafo sono tratte da N. Tranfaglia, op. cit., p. 207-210 («organizzazioni paramilitari della destra in Italia (n. 137) 24/7/47. Rapporto del Foreign Office inviato a Mr. Halford al Dipartimento servizi sicurezza, all’Mi5 e al Ford», Tna/Pro, Kv 3/266.
92 N. Tranfaglia, op. cit., p. 211 («il movimento della destra italiana; assistenza americana (n. 141) 11/8/47. Rapporto del Foreign Office inviato a Mr. Halford al Dipartimento servizi sicurezza, all’Mi5 e al Ford», Tna/Pro, Kv 3/266.
93 Il testo è tratto dalle testimonianze di Di Ragogna rese il 23/11/92 e 31/12/97 in SO 318/87, cit., p. 1858-1885.
94 Si tratta del dirigente osovano Corrado Gallino Ivo.
95 Apollonio fu poi generale di Corpo d’armata e nel 1976 nominato Presidente del Tribunale Supremo Militare; il suo nominativo compare nell’elenco degli iscritti alla Loggia P2 consegnato negli anni ’70 ai magistrati fiorentini da Gelli e Salvini e non nell’elenco dei piduisti sequestrato a Castiglion Fibocchi (cfr. S. Flamigni, “Trame atlantiche”, Kaos 1996, p. 450). Nella citata Sentenza Ordinanza si ricostruiscono anche i collegamenti di Apollonio con Specogna (p. 1407), ed il dottor Mastelloni aggiunge che «è incontrovertibile, almeno per quanto riguarda le date citate da Apollonio, che quest’ultimo fu chiamato dal Gelli a Roma nello stesso contesto in cui fu compiuto l’attentato al treno Italicus, il 4 agosto 1974, verosimilmente al fine del conseguimento di un alibi» (p. 1409-1410).
Claudia Cernigoi, Le violenze per l’italianità di Trieste, dossier n. 52 de “La Nuova Alabarda”, settembre 2009

Il Generale Cadorna in persona si impegnò a fornire l’armamento necessario alla “Organizzazione O”, che avrebbe puntato ad un organico di 10.000 unità44. A capo della struttura venne messo il Colonnello Luigi Olivieri, già noto attore nella lotta anticomunista per essere stato il cofondatore della formazione armata “Fratelli d’Italia”. Egli fu delegato a riarmare in segreto i “più fedeli osovani” e ordinarli in reparti per la difesa della popolazione di frontiera. Gli episodi di Porzus e dei “quaranta giorni” di Trieste dimostravano senza dubbio la pericolosità del nemico jugoslavo, anche dopo lo scisma dall’URSS del 1948.
Già nell’aprile del 1946, in una riunione segreta, vennero fissati i principali compiti che l’organizzazione avrebbe dovuto avere.
Tra di essi troviamo <45: -accendere, alimentare la fiamma della resistenza in tutto il Friuli e, possibilmente, nel Goriziano, contro le mire annessionistiche slave; -sviluppare l’organizzazione cercando di portare la forza possibilmente a 10.000 uomini, le armi, le munizioni, i mezzi finanziari sarebbero stati inviati per mezzo dell’ufficiale di collegamento con lo Stato Maggiore, il Tenente Colonnello Zitelli; -far fruire un certo numero di armi e munizioni a Pola, Trieste e Gorizia; -mantenere il massimo segreto e in qualsiasi evenienza non coinvolgere la responsabilità dell’esercito in quanto tutto veniva a svolgersi in regime armistiziale; -mantenere efficiente il servizio informazioni riferendo le notizie più importanti; -vigilare e difendere con elementi in posto il territorio ad Ovest della linea: Tarvisio, Predil, Sella Nevea, Monte Canin, Monte Matajur, Colovrat, torrente Judrio, Cormos, Medea, Belvedere; -tenere disponibili elementi di riserva con adeguati mezzi di trasporto da noleggiare per essere impiegati nelle zone di eventuali infiltrazioni avversarie in forze.
-256 ufficiali, -496 sottufficiali, -5.728 uomini di truppa. Tutti gli uomini impiegati erano alle dirette dipendenze del 5° Corpo d’Armata, guidato dal Generale Biglino. Come scriveva lo stesso Colonnello Olivieri: “L’organizzazione manteneva una buona efficienza sotto tutti gli aspetti; costituiva, anche in pace, un valido campanello di allarme ai confini della Patria e si prevedeva che in caso di mobilitazione […] poteva essere una sicura difesa contro le azioni di bande partigiane jugoslave e contro le azioni di sabotatori al soldo dello straniero e pervasi di false ideologie politiche” <47.
Il passaggio dal “Terzo Corpo Volontari della Libertà” all’ “Organizzazione O” non riguardava solo il cambio del nome, ma segnò la vera e propria nascita di un reparto paramilitare occulto dell’esercito italiano, che rispondeva allo Stato Maggiore. Tuttavia, la struttura Stay Behind verrà mobilitata ufficialmente solo una volta, precisamente il 16 ottobre 1953, quando Tito minacciò di invadere con le sue truppe il “Territorio Libero di Trieste” <48.
[NOTE]
45 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 125-126.
46 Idem, p. 130.
47 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991,
Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 131.
48 Archivio Rai Teche Venezia, Nome in codice Gladio, Documentario Rai DiXit, 2011.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024

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Nonostante il nuovo ambasciatore USA in Italia, Ellsworth Bunker, si fidasse della stabilità del Governo De Gasperi, i politici di Washington continuarono a “pompare” aiuti all’economia italiana a sostegno del centrismo. Venne previsto infatti un programma di commesse militari di ben 300 milioni di dollari, con la motivazione di espandere l’economia del governo di Roma. Tutto ciò era atto ad assicurare la riconferma degli esiti politici del 1948 alle prossime elezioni del 1953. La stessa CIA rivelerà in futuro che nel ventennio 1948-1968 avrebbe speso 65 milioni di dollari per finanziare la Democrazia Cristiana e l’anticomunismo italiano <57.
L’8 ottobre 1951, il direttore del SIFAR, Generale Umberto Broccoli, inviò al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Efisio Marras, un promemoria intitolato “Organizzazione informativa-operativa nel territorio nazionale suscettibile di occupazione nemica” <58. Nel 1952 vennero previsti il “Clandestine Planning Committee” (“Comitato Clandestino di Pianificazione”, CPC) e l’ “Allied Clandestine Committee” (“Comitato Clandestino Alleato”, ACC),
entrambi per volontà della Nato e alle dirette dipendenze del “Supreme Headquarters Allied Powers Europe” (“Comando Supremo delle Forze Alleate in Europa”, lo SHAPE <59). Tali organi erano stati costituiti per creare una grande rete Stay Behind europea unita che desse stabilità, di tipo militare, all’Alleanza Atlantica.
Il Generale Broccoli incontrava spesso i rappresentati della CIA e della Nato, oltre a partecipare regolarmente alle riunioni segrete dell’CPC e dell’ACC.
Sempre nel 1952, in base all’articolo n° 3 del Patto Atlantico, il servizio segreto italiano e quello americano avevano stabilito un accordo per la creazione di una base USA in Italia <60, in preparazione alla rete clandestina; tuttavia, solo nel novembre del 1956 ci sarà un accordo conclusivo sulla costituzione della rete <61.
Ma seri timori nacquero quando alle elezioni politiche del giugno 1953, la DC ottenne solo il 40% dei voti (perdendo 43 seggi parlamentari), nonostante le manovre clandestine della CIA. La coalizione di sinistra invece si rafforzò e raggiunse il 35% dei voti, con 218 seggi62. Era la crisi del centrismo, che porterà alla fine dell’era “degasperiana”. Vi sarà la costituzione di un governo monocolore di carattere “amministrativo”, guidato dal democristiano Giuseppe Pella, che otterrà la fiducia di monarchici, liberali e repubblicani <63.
Il funzionario (e futuro direttore) CIA William Colby rivelò in seguito che gli USA erano preoccupati del fatto che il voto combinato socialcomunista sarebbe potuto diventare la forza politica più influente in Italia, viste le elezioni del 1953. Bisognava perciò intensificare la “guerra segreta” a tutti i costi.
Il 14 marzo 1954 la direttiva americana “NSC 5412” (denominata “covert operations”) disponeva l’integrazione delle reti Stay Behind della Nato con quelle dei singoli stati europei, allo scopo di coordinare le azioni clandestine in caso di invasione nemica <64.
Nel gennaio 1956 la CIA aveva chiesto all’ambasciata USA in Italia di fare pressione sul Ministro della Difesa Taviani, affinché mettesse a capo del SIFAR il Generale Giovanni De Lorenzo, risorsa anticomunista molto ben vista agli occhi degli americani, necessaria a rendere più “aggressivo” il servizio segreto italiano, dopo le elezioni del 1953. De Lorenzo era un ufficiale di artiglieria che dopo l’8 settembre del 1943 divenne partigiano e operò prima in Romagna e poi nella Roma occupata dai nazisti, venendo successivamente decorato con la medaglia d’argento; quindi, visto anche come “eroe” dalla sinistra <65; il suo singolare portamento e la sua determinazione lo rendevano un militare di “vecchio stampo”.
Il 9 marzo 1956 il Colonnello Olivieri ordinò lo scioglimento dell’“Organizzazione O” <66 (la cui ufficialità si avrà tuttavia il 4 ottobre successivo), in favore della costituzione della rete Stay Behind per effetto dell’accordo tra CIA e SIFAR. Lo confermerà in futuro lo stesso Ministro Taviani, che rappresentava a tutti gli effetti il “padre politico” di Gladio <67.
Il 26 novembre successivo, mentre il mondo era ancora scosso dalle crisi di Ungheria e Suez, un documento top secret firmato dal neo direttore del SIFAR De Lorenzo, decretò ufficialmente la nascita dell’“Operazione Gladio” <68, una rete clandestina dipendente dal servizio segreto italiano ma di matrice “atlantica” e sotto il continuo controllo e supporto della CIA.
Il documento firmato dal Generale De Lorenzo recava il titolo: “Accordo fra il Servizio Informazioni Italiano e il Servizio Informazioni USA relativo all’organizzazione ed all’attività della rete clandestina post-occupazione italo-statunitense” <69.
Diversamente dalla organizzazione che la precedette, l’“Organizzazione O”, la Gladio non era adibita alla sicurezza della sola regione orientale (Friuli-Venezia Giulia), ma a tutto il territorio nazionale, come riferirà il Generale Inzerilli. La struttura aveva un dichiarato obiettivo di tipo militare e difensivo; quindi, non fu concepita come soggetto di lotta politica o propagandistica occulta contro il Partito Comunista Italiano <70.
Già il 1° ottobre 1956, all’interno dell’ “Ufficio R” del SIFAR era stata costituita la sezione addestramento, denominata “Studi Speciali e Addestramento del personale” (SAD) <71. La sezione, con il ruolo di coordinatore generale
dell’“Operazione Gladio”, si articolava in 4 gruppi: 1) Supporto generale; 2) Segreteria permanente ed attivazione delle branche operative; 3) Trasmissioni; 4) Supporto aereo, logistico e operativo.
Tra i maggiori progetti del SIFAR vi era quello della costruzione di un nuovo quartier generale per l’esercito segreto Gladio, per il quale la CIA mise a disposizione 300 milioni di lire. Per motivi di segretezza e funzionalità, la base non doveva trovarsi nell’Italia continentale, ma in una delle due maggiori isole del paese: venne scelta la Sardegna <72. L’8 maggio 1954, il direttore dell’“Ufficio R” del SIFAR, Maggiore Antonio Lanfaloni, firmò un rogito, insieme ai Colonnelli Ettore Musco (all’epoca direttore del SIFAR) e Felice Santini, stipulato davanti ad un notaio per la compravendita di alcuni terreni in Sardegna <73, sui quali sorgerà poi il “Centro Addestramento Guastatori” (CAG) di Gladio.
[NOTE]
57 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 445.
58 Senato della Repubblica, Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, Relazione d’inchiesta condotta sulle vicende connesse all’operazione Gladio, 1992, p. 14.
59 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 7.
60 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 535.
61 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 199.
62 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 84.
63 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 201.
64 Ilari Virgilio, Storia militare della prima repubblica, 1943-1993, Ancona, Nuove ricerche, 1994, p. 536.
65 Ilari Virgilio, Il generale col monocolo. Giovanni De Lorenzo. 1907-1973, Ancona, Nuove ricerche, 1995.
66 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991, Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 131.
67 Idem, p. 121.
68 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 85.
69 Crocoli, Nome in codice Gladio, Milano, 2017, pag. 69.
70 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 199.
71 Crocoli, Nome in codice Gladio, Milano, 2017, pag. 70.
72 Ganser Daniele et al., Gli eserciti segreti della Nato: operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Roma, Fazi, 2005, p. 85.
73 Pacini Giacomo, Le organizzazioni paramilitari nell’Italia repubblicana: 1945-1991,
Civitavecchia, Prospettiva, 2008, p. 16.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024

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Il 5 marzo 1953 morì Iosif Stalin <19. La politica del dittatore aveva condizionato l’Unione Sovietica fin da prima della Seconda guerra mondiale. Con il conflitto – e la successiva vittoria – il culto dell’eroe comunista che combatteva e sconfiggeva con le sue stesse forze i nazisti invasori venne subito collegata alla figura di Stalin. Le celebrazioni del suo funerale ebbero un certo successo e sembravano nascondere la durezza repressiva che continuava anche dopo la morte del dittatore. Il sistema post-staliniano vide un’ulteriore ricostruzione degli apparati produttivi, in particolare quelli militari. Dopo il primo test atomico del 1949, i sovietici riuscirono a mettere a punto un’altra arma di grande potenza: la bomba a idrogeno (detta “bomba H” <20). L’evento venne celebrato come grande successo del socialismo, portando l’arsenale militare dell’URSS ad un potenziale distruttivo che arriva alla relativa parità con quello americano. Si aggiungeva poi il rafforzamento dell’ideologia comunista in Asia, dopo la fine della Guerra di Corea e l’affermazione della Cina di Mao Tse-tung.
Il 1955 fu l’anno in cui la Repubblica Federale Tedesca aderì al Patto Atlantico, e quindi alla Nato. Ma era anche l’anno in cui l’Est rispose con un’alleanza militare tra l’Unione Sovietica e i suoi paesi satellite (Bulgaria, Romania, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Albania e Germania Orientale), costituendo così il “Patto di Varsavia” <21.
Il nuovo Segretario del PCUS, Nikita Chruščëv, al XX° Congresso del partito il 14 febbraio 1956, presentò un rapporto segreto in cui si denunciavano i crimini commessi da Stalin. Tale documento lasciava sperare che l’URSS si sarebbe aperta ad un processo di liberalizzazione e di distensione sul piano internazionale <22.
Nel frattempo, in Occidente venne fatto un altro passo a favore dell’integrazione europea. La conferenza di Messina, nel giugno del 1955 <23, avrebbe condotto alle firme dei Trattati di Roma e alla creazione del “Mercato Comune Europeo” (con l’approvazione degli americani) e della “Comunità Europea dell’Energia Atomica”, l’EURATOM.
Le prime tendenze riformatrici nei paesi dell’Est trovarono spazio in Polonia e soprattutto in Ungheria, dove, sotto il governo riformista di Imre Nagy, queste tendenze diventarono centrifughe. Nell’ottobre 1956 ci fu un primo intervento militare sovietico, tuttavia i movimenti di protesta ungheresi che ne seguirono richiederanno un’ulteriore azione dell’Armata Rossa, il successivo 4 novembre. La resistenza dei centri operai locali si fece accanita, ma non riuscirono comunque a fermare l’invasione, che provocherà 60.000 morti e la deposizione (e l’arresto) del Presidente Nagy <24 .
La Nazioni Unite questa volta si astenevano dall’intervenire nella questione ungherese, in quanto il rappresentante sovietico nel Consiglio di Sicurezza aveva opposto il suo veto. Contemporaneamente la situazione stava precipitando anche in Medio Oriente, dove dal luglio precedente il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, salito al potere con un colpo di Stato nel 1952 <25, aveva provveduto alla nazionalizzazione dell’antica Compagnia del Canale di Suez, colpendo
gli interessi degli azionisti e dei paesi occidentali. La mossa era stata un atto di ritorsione contro la promessa americana non mantenuta dei finanziamenti all’imponente progetto della diga di Assuan <26.
L’obiettivo di Nasser era modernizzare l’Egitto e rilanciarne il ruolo egemonico nell’area mediorientale. Il governo inglese, dopo mesi di inutili trattative, decise di intervenire militarmente per far cadere il dittatore egiziano. Trovò presto il sostegno del governo francese. Il 29 ottobre 1956 iniziò l’“Offensiva di Tsahal” <27. Ma presto si aprì una crisi interna all’Alleanza Atlantica, dato che l’amministrazione USA di Dwight “Ike” Eisenhower (divenuto presidente nel 1953 <28) disapprovava fortemente l’azione armata anglo-francese, portando al fallimento dell’operazione e il successivo ritiro delle truppe europee. La situazione in Medio Oriente tornò a quella pre-conflitto. La duplice crisi del 1956 aveva strutturato ulteriormente il “bipolarismo” internazionale, dato che nessuno dei maggiori attori poteva ormai inserirsi in modo attivo nella sfera d’influenza avversaria.
Le proteste americane per l’Ungheria e quelle sovietiche per Suez rientrarono infatti in tempi piuttosto rapidi <29.
[NOTE]
19 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 200.
20 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 275.
21 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 266.
22 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 37.
23 Varsori Antonio et al., La politica estera italiana nel secondo dopoguerra (1943-1957), Milano, LED, 1993, p. 357.
24 Giannuli Aldo, La strategia della tensione: servizi segreti, partiti, golpe falliti, terrore fascista, politica internazionale: un bilancio definitivo, Milano, Ponte alle Grazie, 2018, p. 37.
25 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 286.
26 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 236.
27 Idem, p. 237. 28 Banti Alberto Mario, L’età contemporanea: dalla grande guerra a oggi, Bari, Laterza, 2009, p. 307.
29 Formigoni Guido, Storia d’Italia nella guerra fredda (1943-1978), Bologna, il Mulino, 2016, p. 242.
Daniele Pistolato, “Operazione Gladio”. L’esercito segreto della Nato e l’Estremismo Nero, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2023-2024

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